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Monday, December 5, 2011


Farkas Gábor Farkas
IL FONDO ANTICO DELLA BIBLIOTECA DELL’UNIVERSITÀ EÖTVÖS LORÁND DI BUDAPEST (1561–1635)*
Abstract
Among the most ancient holdings of Budapest’s University Library is what remains of the primitive book collection of the Hungarian Jesuitical University of Nagyszombat, now known as Trnava in Slovakia. Contained in this collection are volumes from several 16th century Jesuitical settlements in Hungarian territory not subdued by Turks following the battle of Mohács in 1526, transdanubian Hungary and Transylvania, only partially independent from the Ottoman Empire. The history of the Jesuitical educational instituts in these areas overlaps with the complex political and religious affairs of the region. The recovery of some 17th century catalogues and a study on the notes of possession conserved in th books themselves has permitted the realisation of a databank of this material, remarkably important for the history of Hungarian culture.
Il giorno 29 agosto 1526, sotto la sferza del sole, le armate dell’Impero Ottomano approfittando della superiorità numerica inflissero una rotta catastrofica all’esercito ungherese di venticinquemila uomini. Ma non soltanto le forze armate andarono in rovina: anche l’indipendenza crolló come un castello di carta e ben presto l’unità dell’Ungheria se ne andò in fumo per un secolo e mezzo. Secondo il contratto di 1515 tra gli Absburgi e gli Iagelli Ferdinando susseguì al re giovane che morì in fuga dopo la battaglia. Il rivale János Szapolyai, anche eletto re, avendo l’appoggio della maggioranza cercò di acquistare la parte residua del paese non rifiutando l’aiuto forzato di Solimano, però l’impresa non fu coronata da successo. Dopo la morte del re Giovanni e la caduta di Buda, la capitale dell’Ungheria la medievale monarchia ungherese si disintegrò, il paese venne diviso in tre parti: la parte centrale rimase per i Turchi, gli Absburgi ebbero quella di nord-ovest, soltanto il principato transilvano godette una certa indipendenza.
In conseguenza della sconfitta di Mohács anche il sistema degli enti culturali crollò, cessò forse il più importante centro organizzativo, la corte reale di Buda. Il suo ruolo al campo
* Non avrei potuto compiere tale lavoro senza l’aiuto di Eduardo Barberini, György Domokos e István Monok. Sono obbligato anche al traduttore, Miklós Váradi. La Bibliofilía, 105. (2003) 49–76.
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dell’organizzazione della cultura venne preso dall’aristocrazia dell’Ungheria reale e dai principi di Transilvania. Paralello, anche la gerarchia della chiesa cattolica andò in rovina a causa di tre motivi principali: la morte dei membri significativi del clero, l’avanzata della Riforma e la divisione del paese in tre parti. Il terzo centrale dell’Ungheria venne occupato dai turchi e i beni dell’episcopato di Transilvania vennero secularizzati. Le città ungheresi diventavano riformate in qualche decennio, gli ordini dovettero fuggire dapertutto. Per la seconda metà del secolo la neccessità porta la chiesa cattolica a rinnovare la sua istituzione alla parte occidentale abbastanza piccola dell’Ungheria. Le città indipendenti dall’aristocrazia terriera diventavano sempre più importanti: la positura geografica di Nagyszombat e Pozsony (Presburgo) era molto favorevole.
La ricostruzione della storia del fondo antico
La Biblioteca Universitaria (BU) di ELTE (Università Eötvös Lóránd di Budapest) è una di quelle poche protette che conservavano una parte significativa del fondo antico dalla loro costituzione rendendo possibile una certa continuità durante i secoli. Secondo gli studi speciali anteriori la biblioteca venne fondata da Péter Pázmány, arcivescovo di Esztergom (Strigonio) in unione all’università gesuitica nel 1635. Però le fonti storiche contemporanee ci fanno testimonianza di una genesi riconducibile ai fondi dei collegi gesuitici istituiti nel secolo XVI. Le note di possessor nei libri trovati in fondo ai depositi e i manoscritti sulla storia della Compagnia di Gesù ci dimostrano che, dopo tante peripezie, parecchi volumi acquisti nei decenni anteriori dell’istituzione dell’università anche oggi sono ritrovabili nella BU (che è il successore legale dell’Università di Nagyszombat). Oltre di questi volumi la BU possiede anche due cataloghi secenteschi che ci danno informazioni importanti del fondo contemporaneo dei manoscritti. I cataloghi recentemente pubblicati hanno particolare importanza nella storia delle biblioteche ungheresi e generalmente nella storia della civiltà ungherese, poiché con l’aiuto di quelli possiamo ricostruire all’ingrosso il fondo di 5000 volumi della biblioteca di Nagyszombat.
Questa riconstruzione ha avuto tre fasi ben separabili dal 1992 al 2000:
1. La valutazione individuale dei volumi esistenti in fondo della biblioteca e la loro riconstruzione bibliografico.
2. L’edizione diplomatica dei due cataloghi manoscritti.
3. L’accumulamento di dati dei fondi e la loro trasformazione in una database.
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Nagyszombat: Il primo periodo (1561–1567)
Nello sviluppo urbanistico ungherese e nel commercio a gran distanza cinquecentesco- secentesco Nagyszombat aveva un ruolo definitivo dove trovó l’asilo l’arcivescovato e capitolo di Esztergom (Strigonio) nel 1543. Accanto all’importanza commerciale ed ecclesiastica della città è da menzionare il suo rilievo educativo. L’arcivescovo di Strigonio, Miklós Oláh ben presto fece un accordo con il capitolo e il consiglio municipale sull’istituzione della scuola capitolare-comunale. Secondo la regola della scuola gli alunni prima di tutto dovettero imparare la grammatica (prosodia, ortografia, etimologia e sintassi), poi si occuparono dell’interpretazione degli autori classici, come Virgilio, Orazio, Ovidio, Terenzio, Cicero, Quintilliano, Tito Livio, Sallustio e Giulio Cesare. Oláh volle riformare l’educazione, per questo abolì la vigilanza del municipio sulla scuola comunale e nel 1558 la sottopose alle autorità ecclesiastiche cioè indirettamente a se stesso. Volle cosí educare la nuova generazione dei bravi controversisti cattolici. Accanto agli studi della grammatica latina, greca e all’interpretazione degli autori classici si occuparono della logica e rettorica. Nel terzo periodo della sua riforma l’arcivescovo desiderava sviluppare la scuola di Nagyszombat al livello di università. Ci dimostra la sua volontà seriosissima che si guadagnò
di Nicasius Ellebodius, professore notissimo in tutta l’Europa.
Questa rinnovazione cattolica trasse la sua ispirazione dai progetti ambiziosi dei gesuiti a Trento. I collegi di Vienna e Praga, situati quasi perfettamente, servirono di modello dalla fondazione dell’università di Nagyszombat. Nei primi anni, oltre l’istituzione del convento e collegio gesuitico probabilmente gettano i fondamenti anche della biblioteca dell’università. Ce ne da testimonianza la lettera di Juan de Vitoria, rettore del collegio gesuitico di Vienna, a Miklós Oláh, in cui vengono enumerati gli aspetti principali dell’istituzione del collegio. Possiamo ragruppare questi in tre punti che erano i punti cardinali della strategia di stabilimento gesuitico anche in seguito. Secondo Vitoria per stabilirsi prima di tutto ci devono almeno tredici persone. Poi parla dei necessari edifizi: avranno bisogno di una chiesa per celebrare le messe secondo i loro costumi poiché nelle chiese estranee non possono farlo secondo l’esperianza di molti anni, poi una casa situata in centro (molto importante in una grande città), e infine non si può dimenticare dei libri poiché una biblioteca propria riduce le spese occorrenti. All’ultimo lui menziona il modo dello stabilimento. L’arcivescovo di Strigonio ritenne Nagyszombat o Zinóváralja adatte ad essere il luogo del stabilimento, anzi, non escluse la possibilità dello stabilimento doppio. Alla fine della lettera il rettore di Vienna chiede a Miklós Oláh di scrivere a Roma quanti gesuiti vuole stabilire e dove, quanto grande
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sarà il reddito del convento, s’interessa anche dello scopo dell’impresa e il regolamento dei coloni. La lettera ci da un quadro chiaro sulla collezione modesta della biblioteca. Il rettore di Vienna menziona anche il Catechismo di Petrus Canisius, addottrinato dal giurista Petrus Illicinus, umanista senese, professore di Nagyszombat da 1551. E probabile che il professore della lingua greca dell’ università di Vienna e Cracovia, l’autore dei commentari platonici, aristotelici abbia avuto una biblioteca abbastanza grande anche a Nagyszombat.
La ricca collezione di Ellebodius, già menzionata sopra, andò in possesso di Zakariás Mossóczi, vescovo di Nyitra.
Lo scopo principale della dottrina educativa dei gesuiti era la creazione di un ordinamento scolastico dello stesso tipo sopra le nazioni con materia, programma, metodo ed organizzazione d’insegnamento unitariamente elaborati. Gli esperti di pedagogia schizzarono un progetto nel 1586 ma l’ultima versione di quello nacque soltanto nel 1599. Quest’opera venne pubblicata sotto il titolo Ratio atque institutio studiorum Societatis Jesu. Ci sono due innovazioni importanti nella struttura educativa: da un lato la sezione di filosofia viene definita, ingrandita cioè istituita tra quella liceale (ginnasio) e di teologia, d’altro lato il ginnasio viene separata dall’accademia composta della teologia e filosofia. Di questa materia educativa si delinea il verosimile stato iniziale del fondo della biblioteca: accanto agli autori latini sopraddetti gli alunni poterono incontrare studiando i fondamenti della rettorica il manuale di Cyprianus Suarez e durante gli studi di poetica poterono prendere in mano l’opera di Aristotele. La Logica, Fisica e Metafisica di quest’ultimo praticamente contenne tutta la materia del corso triennale di filosofia. Qualche volta possiamo vedere la tendenza di sostituire i libri antiquati, per esempio nel caso della grammatica latina, popolarissima, di Joannes Despauterius. Alle classi poetiche l’opera di Cicero era preferita: Epistolae ad familiares. Antonio Guise nel 1561 insegna la rettorica in base al libro attribuito a Cicero, Rhetorica ad Herennium.
Le condizioni materiali vennero assicurate l’abbazia benedittina di Széplak e la prepositura premonstratense di Bény. In base alle più recenti ricerche la biblioteca di questo primo periodo era modestissima. Secondo Johann Seydel, rettore di Nagyszombat in quel periodo, non esisteva una biblioteca piena nella cittá che rendeva difficile non solo la ricerca scientifica ma anche il studiare ad alto livello. I gesuiti non trovavano le opere neccessarie dai canonici che stimavano quasi a nulla i suoi libri polverosi. La collezione del arcivescovo che aveva un modo umanista di vedere non potè essere accettabile ideologicamente a loro. Oltre di queste difficoltà i membri dell’ordine avevano angustie domestiche e per questo non
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poterono comprare libri. Così la formazione del fondo era molto incalcolabile. I libri di Miklós Oláh mai diventavano desiderabili all’insegnamento del collegio gesuitico: oggi possiamo trovare un volume solo nella biblioteca dell’università. L’arcivescovo legò per testamento i volumi della sua biblioteca agli scolari poveri che vivono nella sua casa di Nagyszombat.
E da menzionare anche l’atteggiamento gesuitico verso i libri eretici. Conosciamo un caso quando i cittadini di Nagyszombat portarono le opere di Luther e di altri autori protestanti al rettore Seidel per far condannare i libri alle fiamme in pubblico. Nello stesso tempo alla scuola dell’ arcivescovo usavano la grammatica di Melanchton fino a 1561 quando il rettore richiamò l’attenzione dell’arcivescovo sul difetto. Anche la biblioteca dei Fugger nel castello di Vöröskő venne rastrellata dai gesuiti ma soltanto eliminarono i libri eretici senza arricchire il fondo di Nagyszombat. Nonostante le difficoltà l’insegnamento man mano cominciava a funzionare quando successe l’incendio di Nagyszombat nel aprile del 1567: tutta la città, compreso il collegio andò al fuoco. Eppur si dice che i libri siano restati inviolati, grazie alla cantina dell’edificio che dava asilo a qualche roba del collegio. Ma la procedura di liquidazione fu inevitabile. L’edificio venne restituito all’arcivescovo, i poveri ricevettero il maggior parte dell’arredamento, soltanto qualche libro e oggetto sacro fece il corredo da viaggio dei gesuiti partiti per Vienna.
La storia del fondo transilvano (1580–1596)
La questione dell’educazione era sempre definitiva nella politica culturale dei principi di Transilvania. La prima fondazione d’università fu tentata da János Zsigmond (Giovanni Sigismundo) che, grazie a sua educazione, ebbe molta cura dello sviluppamento delle scuole. Avrebbe voluto istituire una scuola superiore con biblioteca ricca ad Albagiulia, cercò di guadagnarsi anche l’animo di Petrus Ramus, scienziato famoso per tutta l’Europa. I suoi progetti grandiosi andarono al fumo a causa della sua morte intempestiva e l’assassinio di Ramus. Lo seguì al trono István Báthory che da studente padovese già intuì l’importanza della Compagnia di Gesù nel campo dell’apologetica cattolica e dell’istruzione efficace. Nello stesso tempo, come principe di Transilvania e re di Polonia, voleva combattere l’ortodossia, il
protestantesimo e l’islamismo sempre più espansivo.
Nello stabilimento dell’ordine gesuitico nel bacino dei Carpazi, come possiamo vedere, anche il principe di Transilvania ebbe un ruolo importante, visto che senza il suo aiuto i gesuiti non avrebbero mai potuto fondare il loro convento a Kolozsvár nel 1579. Era evidentissima la
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possibilità di collegare il progetto della missione cattolica con il sviluppamento dell’istruzine pubblica in Transilvania. Prima di tutto dovettero restaurare le finanze e gli edifici del collegio progettato e naturalmente stabilire una biblioteca. Il principe prescrisse che nella materia d’insegnamento oltre la grammatica e rettorica fosse anche la filosofia e teologia creando così i fondamenti di un’università da fondare più tardì. Nella seconda lettera patente di Báthory c’è anche lo scopo finale: lo sviluppo dell’collegio ad accademia che rende possibile la donazione i diversi gradi universitari. Báthory e Antonio Possevino stimolarono i gesuiti di Vilnius, Roma e Agria (Eger) a partire per Kolozsmonostor dove potevano la loro scuola nel monastero benedittino abbandonato. L’istituto venne trasferito nel 1580 a Kolozsvár in via Farkas occupando l’edificio del chiostro antico di monache dove in quel tempo si trovava un monastero francescano. Le donazioni straordinariamente ricche accelerarono lo sviluppo: all’inizio il collegio aveva 50 alunni e questo numero si settuplicava in qualche anno. Tenendo in vista l’importanza eccezionale della missione generalmente gli insegnanti più qualificati vennero scelti a questa carica.
All’opposto della biblioteca di Nagyszombat o Turóc la fondazione dell’collegio e della biblioteca cominciava simultaneamente. In accordanza di questo Báthory s’incaricò di acquistare i libri neccessari, cioè conferì il mandato a qualche membro dell’ordine di comprarli. Venne dalla duplice funzione del collegio che i libri acquistati a Cracovia in maggior parte servirono gli interessi apologetici e missionari e non direttamente quelli dell’insegnamento. Dimostra questo anche la proposta del provinciale di Polonia che arrivato in Transilvania in primo luogo si duole della mancanza dei libri a Kristóf Báthory, voivoda transilvano.
Senza dubbio non poteva essere facile insegnare certi autori prescritti dal programma dei corsi a corto delle opere originali o (in molti casi) senza manuali per insegnanti. Parecchie lettere scritte al principe e al generale dell’ordine dimostrano che approfittarono quasi di tutte le relazioni esteri ed interni per rendere efficace l’insegnamento e la controversia. Anche Possevino arrivò con libri nel 1538, e così in qualche anno la biblioteca modesta si trasformava in una collezione considerevole grazie all’aumentazione sistematica del patrimonio.
Già nei primi anni davano una parte importante a István Szántó, gesuita arrivato da Roma. Il suo interessamento letterario definì la sua attività nel campo degli affari bibliotecari sia la sistemazione dei libri mandati da Cracovia che l’accrescimento della Bibliotheca Vaticana dal fonte transilvano. Il patrimonio crescente tematicamente era simile a quello di Nagyszombat e
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Turóc, i suoi fondamenti probabilmente venivano dalle biblioteche medievali di Alba Giulia e di Nagyvárad. Secondo i fonti rendono versimile che i libri della biblioteca di circa 200 volumi siano stati composti piuttosto dalle opere scolastiche, manuali antiquati sul diritto canonico e i testi laicistici siano stati abbastanza vecchi. In questo tempo ci mancarono proprio quei libri che poi gli avrebbero assicurato l’insegnamento efficace: le edizioni moderni degli autori classici di lingua greca e latina, le novità nel campo della matematica, geografia e alte scienze naturali, le opere di storia dagli autori contemporanei. Grazie alla politica centralizzata d’insegnamento e all’ organizzazione eccelente degli acquisti praticamente si cacciavano i libri importanti per loro entro alcuni anni dall’edizione. Gli acquisti si effettuarono a mezzo di Cracovia perché il collegio di Transilvania appartenne alla provincia di Polonia, altronde era vicino. Così si creava una stretta collaborazione tra i due conventi. Le donazioni ricche dei Báthory o la somma cospicua ricevuta dal Vaticano ebbero un ruolo significativo nell’arricchimento della biblioteca. Nel 1585/86 dopo gli studi classici cominciarono le lezioni teologiche e filosofiche che rendeva possibile lo sviluppo della biblioteca dell’universitá avvenire.
Dopo i successi dell’inizio nel 1588 gli ordini protestanti forzarono il principe, Zsigmond Báthory a bandire i gesuiti da Transilvania. Dalla morte di István Báthory (1586) le circostanze tra cui la compagnia dovette funzionare diventavano sempre più difficili poiché aveva perso il maggior aiutatore contro l’ostilità degli Ordini. Un’occasione eccelente per l’offensiva capitò alla dieta di Meggyes nel 1588: gli ordini che erano in maggior parte di confessione protestante rifiutarono di pagare le imposte a János Giczy, tutore di Zsigmond Báthory d’età minore. Alla fine il governatore fu costretto a cedere, i gesuiti dovettero lasciare il principato d’urgenza con tutti gli annessi e connessi. Non era per caso che il provinciale di Polonia preoccupandosi del patrimonio chiese al generale di controllare l’attività dei membri fuggenti. La situazione storica risultò la via fortunosa di qualche libro di Znióváralja, Nagyszombat e Kolozsvár. Sono da menzionare le vicende del salvamento di qualche libro che venne portato dalla biblioteca dell’università di Kolozsvár a Nagyszombat. I cinque volumi conosciuti dalla letteratura della questione rendono probabile che una parte della biblioteca di Kolozsvár abbia trovato l’asilo a Nagyszombat dopo l’espulsione dei gesuiti. C’era una certa concorrenza tra le provincie di Austria e Polonia per il patrimonio significativo. Bartholomeus Viller, provinciale di Austria volle acquistare per il collegio di Zinóváralja, tra altri beni, i libri assicurando il diritto di restituzione ai collegi transilvani. Nello stesso tempo i polacchi avendo paura dell’avidità degli austriaci si appellavano al fatto
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che il collegio di Kolozsvár era appartenuto alla provincia di Polonia.
In quel tempo una parte della biblioteca di Kolozsvár era a Lelesz cosí potè accadere che padre István Szántó ne dava parecchi volumi al convento di Turóc e Vágsellye. Forse possiamo considerare lui il protagonista dell’organizzazione della biblioteca del collegio gesuitico in Transilvania, era in corrispondenza continua con la biblioteca pontificiale, anzi, personalmente con il prefetto di quella. Appunto per questo è comprensibile il suo attaccamento arbitrario ai libri. Qualche anno dopo, nel 1595 alla dieta di Alba Giulia gli Ordini revocarono il decreto di Medgyes e i gesuiti ricuperarono il patrimonio e tutti i diritti. Cercando di reorganizzare la missione transilvana Alfonso Carillo fece sforzi sovrumani per riacquistare i beni diffusi, anche i libri. Si lagnò di Szántó a causa delle sue misure, poi pregò il provinciale di Austria di ridare i libri portati a Vienna, Znióváralja e Vágsellye. C’è qualche esempio del disordine: possiamo trovare tra i volumi restituiti anche parecchi libri che originalmente non erano provenienti da Kolozsvár. Nella Biblioteca Accademica di Kolozsvár anche oggi c’è un volume la cui nota di possessor attesta che si tratta della proprietà del collegio di Turóc. Carrillo, come confessore e consulente teologico del principe godò la fiducia di Zsigmond Báthory, si doveva a lui la revocazine del decreto di Medgyes. Il confessore principesco fu molto soddisfatto dei mutamenti della competenza territoriale: la missione di Transilvania passò alla giurisdizione della provincia austriaca e a Carillo era più facile negoziare con il provinciale di Vienna. Alla fine arrivò a riacquistare una parte considerevole della biblioteca di Transilvania ma non conosciamo le proporzioni esatte, ci sono volumi dal secondo periodo del collegio di Nagyszombat che originariamente erano in possesso dei gesuiti transilvani. Regolata la situazione giuridicamente non c’erano più ostacoli sulla via dell’accrescimento sistematico della collezione. Misurarono, inventariarono il patrimonio di libro e istituirono un prefetto alla testa della biblioteca. grazie alle donazioni considerevoli provenienti dai conventi dell’Europa Occidentale e da Roma si creò di nuovo una biblioteca pretenziosa a Kolozsvár. Anche il carattere del fondo si mutò: Vienna, diventando ormai il centro dei acquisti, mandò a Transilvania soprattutto i libri delle stamperie tedesche. Però neanche questa seconda epoca di fioritura durava a lungo: il fisco esaurito dalla guerra dei quindici anni non poteva dovutamente aiutare l’ordine, gli Ordini diventavano sempre più nemici in conseguenza del metodo agressivo dei gesuiti e della politica sbagliata di Zsigmond Báthory. La devastazione dei libri nel 1603 analizzata particolarmente dai fonti storici e dalla letteratura speciale ulteriore secondo le ricerche più recenti non fu stato così tragica come lo credevamo per molto tempo.
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La residenza e collegio di Turóc (1586–1598)
Le condizioni del ritorno dei gesuiti all’Ungheria reale vennero assicurati soltanto per 1586. Per l’intervento di György Draskovich, arcivescovo di Kalocsa Rodolfo II regalò ai gesuiti la prepositura di Turóc fondata da Béla IV per i Premonstratensi nel 1248. Le due proprietà fondiarie (Znióváralja nel comitato di Turóc e Vágsellye nel comitato di Nyitra) diedero sicuri fondamenti finanziari per il ristabilimento. Il discorso era già venuto sulla fondazione di un collegio nuovo nel febbraio di1585 per la promozione degli affari cattolici il cui funzionamento sarebbe stato assicurato dal reddito della prepositura di Turóc. I redditi vennero trasferiti ai gesuiti col patto di stabilirne un collegio nuovo per i giovani ungheresi. L’immatricolazione solenne succese di quell’estate a Vágsellye dove crearono una residenza. In seguito si trasferirono a Znióváralja più lontana che era il centro ufficiale della prepositura dal medioevo. A causa della situazione geografica e l’ambiente ostile la fondazione del collegio progettato si prolungava per tre anni. Al luogo fuori di mano fu molto difficile assicurare le condizioni convenienti per la creazione di un sistema nuovo d’insegnamento. Così nell’anno della donazione la residenza di Znióváralja venne stabilita e qualche anno dopo anche la porta del collegio si aprì davanti ai giovani cattolici. All’inizio i gesuiti lavorarono soltanto da missionari e già in questo periodo ci possiamo trovare Szántó (dal 1589) che più tardi insegna al collegio poi scrive le memorie. Lasciata Transilvania il padre si fermò un po’ a Kisvárda, poi negli anni novanta insegnò filosofia al collegio di Vienna e Znióváralja. Conosciamo una sua lettera scritta nel 1600 in cui pregò il generale di permettere il suo ritiro al convento di Turóc. Raccolto il consenso volle realizzare i suoi progetti grandiosi nel campo della letteratura, in primo luogo la prima traduzione cattolica della Bibbia in Ungheria. L’uomo sessagenario si buttò al lavoro con entusiasmo ma gli avvenimenti storici impedivano di finirlo, a questa volta gli aiduchi di Bocskai lo costrinsero a fuggire. Secondo le parole del vecchio pater: l’attività letteraria di quattro decenni andò preda delle fiamme. Soltanto la sua oppugnazione di Corano, finita a Olmütz in seguito, si salvò. Szántó che appartenne alla prima generazione dei gesuiti ungheresi istruiti molto bene aveva vaste cognizioni della letteratura classica, patristica e scolastica come ci dimostrano la sua rettorica e le sue citazioni. Szántó in una lettera scritta al generale Acquavia nel1598 menzionò la prima volta il suo progetto. Si lamentò che la traduzione latina del Corano era inesatta perché uno dei traduttori aveva conosciuto il latino, l’altro soltanto aveva parlato l’arabo. Neanche il concorso di un traduttore turco convertito ci portò la soluzione.
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Nonostante gli smacchi iniziali prima del 1605 cominciò a lavorare di nuovo a questo problema. Nel fondo antico della biblioteca dell’Università di Eötvös Lóránd era un Corano, probabilmente in lingua latina, non conosciamo dove e quando l’aveva stampato ma è quasi sicuro che apparteneva a questo fondo perché lo possiamo trovare nel catalogo di1632 di Jakab Némethi. E immaginabile che Szántó abbia lavorato proprio con questo libro. Esaminando i riferimentidella sua oppugnazione possiamo osservare parecchie somiglianze tra i volumi del collegio di Turóc e Vágsellye. Ci si trovano le opere dei padri della chiesa (Augustinus, Cyprianus, Eusebius, Johannes Damascensus), storiografi bizantini (Georgius Cedrenus, Johannes Zonaras, Nicetas Choniates), umanisti d’Italia (Flavius Bondus, Paulus Jovius), autori classici (Platone, Aristotele, Sallustio, Plinio), filosofi scolastici (Tommaso d’Aquino, Guilelmus Parisiensis), scrittori gesuitici (Benedictus Pererius, Robertus Bellarminus), di un esegeta (Alphonsus Tostatus), un professore di Dilingen (Guilelmus Lindanus) e di Johannes Leunclavius, storiografo.
Non possiamo escludere che i volumi del fondo di Turóc e Vágsellye furono portati alla biblioteca per mezzo di Szántó che li poteva usare in questi collegi per il suo lavoro. Conoscendo il fatto che nei libri del seminario fu vietato di scrivere note e segni, non ci possiamo meravigliare di non trovare quelli di Szántó o un altro gesuita nei volumi rimasti a noi. Nonostante la mancanza delle traccie dirette è molto probabile che la biblioteca di Znióváralja e Vágsellye sia stata un luogo adatto a scrivere l’oppugnazione di Corano.
Il testo edito nel 1586, Ratio studiorum, ennunciò che i gesuiti senza libri sono soldati disarmati. Lo sviluppo della biblioteca si svolse a questo spirito. Ai collegi gesuiti si cercò sempre di sviluppare convenientemente anche la biblioteca accanto all’organizzazione della scuola. O fondarono nuova biblioteca, o trasformarono un fondo esistente secondo gli aspetti dell’insegnamento e cercarono di acquistare un gran numero dei libri comprandoli all’estero o per mezzo delle donazioni. La situazione della biblioteca di Nagyszombat però era più complessa: il fondo di base della biblioteca è molto più antico dell’ università. L’uso della biblioteca opportunamente sviluppata fu regolato dalle prescrizioni rigide. Per es. la lettura dei libri proibiti fu controllata rigorosamente: quelli volumi andarono separati in una camera secreta e ci poteva entrare solo il rettore. Molti autori famosi si trovavano in quel vano buio: Catullo, Tibullo, Properzio, Ovidio, Plauto, Terenzio e Marziale. Fu vietato la frugata tra i libri a solo titolo di curiosità sfogliettando opere non riguardante al proprio campo di ricerca. E da menzionare la prescrizione di Possevino redatta per la biblioteca collegiale di Kolozsvár che regolò esattamente l’uso della biblioteca per gli alunni. Senza licenza del suo professore
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nessuno poteva portare adosso dei libri e se qulcuno possedeva un’opera proibita fu obbligato a darla al rettore senza ritardo che aveva il diritto di licenziare o vietare la lettura. Appunto per questo abbiamo dovuto esaminare le circostanze e la profondità dell’uso dei libri. C’è una grande differenza per es. se uno scartabella un’opera o la legge da cima a fondo. La nostra esperienza dimostra bene che spesso ci si trovano delle note in margine e sottolineature dal punto di vista del contenuto. Qualche volta (specialmente nel caso di possessore famoso) abbiamo trovato delle annotazioni rigurdanti alla storia ungherese o familiare. L’analisi non ha portato risultati nuovi nel campo della storia di lettura: naturalmente i lettori tipici preferirono i libri di formato quarto e ottavo a in foglio pesantissimi. Generalmente la grammatica s’imparava dei classici latini e soprattutto alla lettura dei manuali c’erano gli aspetti pratici. E molto interessante osservare i costumi dei gesuiti nel campo di censura in qualche volume: i nomi degli autori protestanti sono abrasi o cancellati sul frontespizio (per es. Philipp Melanchthon). Le parti lubriche degli epigrammi di Janus Pannonius vennero imbrattate d’inchiostro "per caso" o possiamo trovare ritoccate le incisioni di nudo di Hieroglyphica di Johannes Valerianus.
Dal periodo della residenza conosciamo acquisti concreti. Nel campo dei libri usati nell’insegnamento non si osserva tanto lo spirito cattolico fortificato dal concilio di Trento. Grazie alla grammatica insegnata per mezzo degli autori classici le opere di Cicero, Plinio, Quintiliano, Cesare, Curzio, Vergilio, Sallustio, Valerio Massimo creavano la maggior parte della collezione. Questa collezione si completò con un volume che si occupava dell’ortografia e prosodia, collegato di cinque parti: una grammatica da Aldus Manutius, un libro di lettura da Paulus Manutius, un commento di Cicero dall’umanista Mario Nizoli, una collezione della poesia gnomica dal poeta portoghese Andreas Rodriquez Eborensis e i libri fondamentali delle antologie greche integrando con l’Adagia di Erasmo e un’edizione eccelentissima di Plutarco. Paralellemente avremmo potuto trovare sugli scaffali della biblioteca di quel epoca la Leggenda Aurea di Jacobus de Voragine, il De Imitatione Christi di Tommaso Kempis, poi uno dei libri di edizione vecchia di Agostino, San Bernardo di Clairvaux, Dionigi di Certosa, Angelo de Clavasio. La lingua greca venne insegnata per mezzo delle opere di Plutarco e Poculide. I gesuiti insegnarono anche la grammatica, poetica e rettorica secondo i principi degli umanisti ed usarono gli esempi antichi per approfondire la cognizione degli alunni. Nel catalogo di 1632 possiamo trovare la rettorica di Suarez in quattro esemplari che dimostra bene la tendenza di acquistare continuamente i volumi più recenti. La grammatica di Alvarez capitò soltanto in esemplari di più tardi nei cataloghi della biblioteca di Nagyszombat, la
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spiegazione è forse il logoramento delle copie vecchie. E anche da sottolineare che da questo tempo possiamo parlare dell’uso dei libri d’insegnamento che rendè possibile un attività più efficace alle lezioni. Esaminando esattamente tutto il fondo di Turóc ci balza agli occhi subito il gran numero dei libri rimasti ai posteri dal primo periodo. E immaginabile che i volumi portati da Nagyszombat a Vienna nel1567 furono restituiti a Znióváralja nel1586 e anche la maggior parte di quelli salvati di Kolozsvár nel1588 ci potè arrivare attraverso Lelesz con l’aiuto di Szántó. La mancanza delle note di possessor forse è spiegabile con il disordine di quell’epoca iniziale così non possiamo verificare la nostra ipotesi facendo appello ai possessori. Ma nello stesso tempo ci balza agli occhi un fatto strano: la parte trattata del fondo si divide innegabilmente in due per l’edizione e il tema. Da un lato ci sono gli autori classici e umanisti già menzionati in relazione con gli aspetti moderni dell’insegnamento gesuitico, d’altro lato possiamo trovare sugli scaffali anche i pezzi preferiti delle biblioteche medievali in esemplari stampati alla fine del Quattrocento o all’inizio del Cinquecento. Non possiamo escludere la salvezza dei volumi più vecchi dall’incendio di Nagyszombat e il loro trasferimento alla residenza di Turóc attraverso Vienna, ma è possibile anche la provenienza dalle donazioni (forse dal patrimonio del clero cattolico o dalle acquisizioni arbitrarie pretese di Szántó in Transilvania. La parte più fresca del fondo in cui possiamo trovare anche dei volumi editi tra 1582 e 1589 che vennero acquisti in Europa dai gesuiti probabilmente a poter cominciare l’insegnamento più presto.
Il collegio di Turóc si mise in azione nel 1589 e il provinciale richiamava l’attenzione del generale di scegliere esclusivamente fra nativi accrescendo il numero dei membri del convento. Così il rettore dovette essere ungherese perché gli ungheresi non avrebbero tollerato un rettore nato in Ungheria ma di nazionalità tedesca. Il primo rettore, István Kassai non fu degno di questo impiego, uscì presto della carica. Impedirono lo sviluppo anche le imposte messe dalla dieta, le obbligazioni militari contro i Turchi e i danni delle incursioni di 1594–1595 che causò una pausa nel funzionamento del collegio per mesi. Anzi, la camera ungherese gli volle revocare il reddito di prepositura ed in cambio di quello offrì la decima di Szakolca. Nel 1592 i gesuiti misero in campo la questione di trasferirsi al monastero franciscano abbandonato perché nell’anno precedente avevano subito un attacco brutale dai luterani dei dintorni che spaccando i libri con ascia gettavano in acqua "la ricchissima biblioteca carica dei libri migliori". Nonostante l’interpretazione drammatica dobbiamo menzionare che la sproporzionalità analizzata sopra rimase intatta. Lo sviluppo della struttura del fondo non cominciò neanche dopo 1591. I volumi acquisti dopo 1589 non capitarono nella
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biblioteca del collegio di Vágsellye, restarono alla residenza di Turóc e qualce libro venne trasferito a Nagyszombat prima del 1632. E immaginabile che i libri importantissimi all’insegnamento abbiano passato al collegio di turno per mezzo di una strategia consapevole. La scelta del primo prefetto conosciuto da noi dal 1597, Morus Florentinus, scozzese ci dimostra quanto importante era la questione della biblioteca. Cosí alla residenza di Turóc che era già destinata in questo tempo come stabilimento missionario restarono i libri non tanto usati dall’insegnamento: i commenti di Vangelo di Petrus Canisius e Antonius Broickwy von Königstein, predicatore francescano, l’annale di 1583 della Compagnia di Gesù, l’opera di Pelbárt Temesvári e Stanislaus Socolovius, teologo polacco. Ma conosciamo anche un esempio quando una parte della biblioteca passò in mano della borghesia cattolica dei dintorni: i volumi della la storia ecclesiastica di Baronio ripassarono al collegio da Znióváralja attraverso la biblioteca di Ferenc Szentiványi, borghese di Nagyszombat. Forse l’accrescimento ipotetico degli anni collegiali fu distrutto nella biblioteca della residenza di Turóc che ebbe un ruolo modesto durante i secoli seguenti.
La storia della biblioteca di Vágsellye (1599–1605)
Dopo dieci anni d’insegnamento i gesuiti si trasferirono da Znióváralja a Vágsellye che si situava più vicino alle strade importanti, a Vienna e a Presburgo e in un ambiente più amichevole. Nello stesso tempo non abbandonavano i progetti per lo stabilimento di un collegio di Turóc. Possiamo pensare appunto per questo che ci lasciava una parte della biblioteca. La pestilenza di 1602 gli fece ricordare di nuovo il dilemma: quale luogo sia più conveniente per l’insegnamento. La situazione geografica e i ragioni finanziari ugualmente parlavano in favore di Vágsellye. Anche per organizzare delle missioni sembrò più adatto. Ci dimostra la popolarità di questo collegio i parecchi visitatori anche d’Austria che venivano ad imparare la lingua ungherese. Però a Nagyszombat l’indipendenza dell’ordine non sembrava assicurata. Joannes Zanutius sottolineò dell’importanza dell’ambiente ungherese per la popolazione. Per l’insegnamento avevano bisogno di una bilioteca più grande così i gesuiti stabilirono una nuova biblioteca da un lato usando una parte del fondo di Turóc, dall’altro per mezzo della donazione di Ferenc Forgách, arcivescovo di Strigonio. Alle mancanze vennero suplite attraverso gli acquisti. L’altra parte della biblioteca restò a Znióváralja, questi volumi, con qualche eccezione, furono conservati dalla residenza di Turóc fino allo scoglimento dell’ordine. Nei tempi posteriori passarono con il fondo dell’università di Nagyszombat e altri fondi conventuali a Buda poi Pest. Carrillo accettò la carica di priore nel 1599 e a grazie alla
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sua attività di un anno fu costruito un nuovo collegio a Vágsellye, introdusse l’ordine nuovo dell’insegnamento secondo le regole di Ratio Studiorum e chiamò preti ben istruiti alle parrocchie dei dintorni. In una lettera scritta al generale Carillo menzionò che le costruzioni del collegio erano continue nonostante le difficoltà e parlò anche delle acquisizioni dei libri da Augsburg e Venezia che erano già necessarie nell’interesse dell’insegnamento. Carillo nel1600 venne nominato al provinciale dell’Austria perciò il posto del rettore di Vágsellye diventava vacante. Il nuovo rettore, Sándor Dobokay continuò la politica di Carillo: la posizione del collegio e della residenza di Turóc diventò sempre più stabile. I rapporti di proprietà si regolarono e il collegio era popolare nei dintorni, la disciplina si consolidò. Anche le condizioni finanziarie furono assicurate, le istituzioni di Vágsellye erano adatte all’organizzazione delle missioni e la comunicazione sistematica co Vienna e Pressburgo. L’annale di 1601 parla di 400 alunni interni e 14 conventuali. La scuola gesuitica era molto simpatica per i giovani dei dintorni e nello stesso tempo era un mezzo efficace dell’attività missionaria. Una nuova istituzione si creò nel 1602: la Congregazione di Maria. Tra i soci fondatori possiamo trovare molti donatori, per esempio Ferenc Káldy, Kristóf Somolányi che resero pubblica la biblioteca ai loro amici. Non conosciamo bene le società di scienza, le circoli di lettura di quell’epoca perciò è molto importante studiare questi teatri della disputa e considerazione sopra i libri.
L’organizzazione e catalogazione della biblioteca probabilmente si concludò fino a 1604. Il catalogo di Szentiványi registrò anche i libri catalogati a Vágsellye nel 1690. Anche questa volta presero spicco le opere classiche greco–latine, similmente al periodo di Turóc. Il gran numero delle opere greche è da menzionare in primo luogo. Anche la prima acquisizione fu un dizionario greco–latino, edizione relativamente nuova, a cura del filologo francese, Guilelmus Budaeus. Accanto agli storiografi (Thukydides, Herodotus, Dioysius Halcarnassensis, Xenophon) e filosofi (Stobaeus, Platone) possiamo trovare una grammatica (Aphtonius Sophista) e un’opera di geometria (Euclide) tutt’e due in latino, edizioni eccellenti dell’epoca. Tre autori bizantini dell’Medioevo (Georgius Cedrenus, Joannes Zonaras, Nicetas Choniates) con le loro opere storiografiche assicura la dominanza greca. Oltre la storia romana dei tre storiografi latini (Tacito, Livio, Giustino) e un greco (Appianus Alexandrinus) ci sono ancora le opere fondamentali della storiografia umanistica (Flavius Blondus, Johannes Rosinus, Onofrius Panvinius, Paulus Jovius). In questo periodo capitarono nel fondo i manuali giuridici (edizioni Corpus Juris) e le opere di Barnabas Brissonius, Jacobus Cuiacius, francesi e Carolus Sigonius, italiano. Nel 1605 le truppe di Bocskai arrivarono all’Alta
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Ungheria (attualmente Slovacchia) e s’avvicinavano al Pressburgo. L’insegnamento venne sospeso a Vágsellye, gli alunni e poi il maggior parte dei conventuali dovevano fuggire. Gli aiduchi di Bocskai bruciarono l’edificio del collegio, i gesuiti cercando di salvare la biblioteca volevano portare i libri a Vienna per via fluviale ma una parte significante del fondo perì nel Danubio. Da Vienna i gesuiti furono mandati ai collegi diversi.
Il secondo periodo di Nagyszombat (1607–1635)
Un anno dopo la pace di Vienna dichiarò la perizione delle proprietà dei gesuiti in Ungheria. C’era un breve periodo di Vienna poi la biblioteca venne trasferita di nuovo a Nagyszombat ma il collegio cominciò a funzionare soltanto otto anni dopo. In questi tempi possiamo già trovare in compagnia di Ferenc Forgách due gesuiti ungheresi: Péter Pázmány, arcivescovo avvenire di Strigonio e Sándor Dobokay, il rettore del collegio di Vágsellye che furono mandati a Forgách dal provinciale per riordinare la situazione risultata dalla perdita dei beni della prepositura di Turóc. Nel 1608 la pace di Vienna venne rinnovata e i gesuiti restarono definitivamente senza reddito. Questo fatto rendeva impossibile la loro permanenza in Ungheria in contingente aumentato. Paralello, cominciarono a prepararsi allo stabilimento seguente. Per Forgách Nagyszombat sarebbe stata adatta anche alla residenza episcopale poiché l’arcivescovato e capitolo di Strigonio ci furono trasferiti nel 1543. Anche la situazione geografica sfavorevole di Znióváralja e gli avvenimenti sopraddetti a Vágsellye (e la vicinanza dei turchi) facilitarono la decisione.
Nel 1618 il collegio grazie allo sviluppo sistematico aveva già 700 alunni. Il mentore più importante della scuola in questo periodo fu Péter Pázmány che venne nominato arcivescovo di Strigonio da Mattia II. Nella lista composta nel 1622 si trova Jakab Némethi che fu incaricato dell’organizzazione della biblioteca arcivescovile sempre più riccha e della tipografia. Nello stesso anno il principe di Transilvania, Gábor Bethlen occupò Nagyszombat di nuovo ma lui proteggeva il collegio ad ogni modo. Il convitto dei nobili fu stabilito da Pázmány nel 1624 incaricando dell’insegnamento i gesuiti di Nagyszombat. L’istituto fu tanto popolare che aveva anche dei alunni protestanti. In capo a dieci anni fondarono l’università accettando l’aiuto di Ferdinando II che, in opposizione del papa Urbano VIII preoccupato della mancanza della facoltà di giurisprudenza e medicina incoraggiò l’istituzione. Il sogno del arcivescovo diventò realtà: volendo creare un’università gesuitica di due facoltà secondo il modello provato per tutta l’Europa diede un’istruzione completa in tutt’e due facoltà. Lo studio di base era quello della facoltà di filosofia su cui si fondavano gli studi teologici.
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Pázmány volle che i giovani nobili facessero almeno la filosofia a poter fare carriera secolare. C’erano tre corsi: un anno per la logica, uno per la fisica e matematica ed uno per la metafisica ed etica, secondo le regole di Ratio Studiorum. Secondo il sistema dei privilegi universitari gli alunni potevano conseguire il titolo di baccalaureato nel secondo anno e quello di magistero nel terzo.
La biblioteca di Nagyszombat fondata sul patrimonio di Vágsellye finalmente si sviluppava per venti anni senza essere disturbata fino alla fondazione dell’università. Accanto lo sviluppo tematico è da menzionare il crescimento accelerato del patrimonio. Anche adesso possiamo ragruppare i libri secondo gli autori e temi. Nel primo periodo del collegio di Nagyszombat (1615–1632) gli autori gesuitici diventavano dominanti: la scuola acquistava le opere fondamentali trovabili nelle biblioteche gesuitiche dell’Europa con un ritardo di un anno o due. C’era sugli scaffali il commento (scritto su quattro profeti: Geremia, Barucco, Ezechiele, Daniele) del teologo spagnolo, Juan Maldonado (1543–1583), un trattato dell’Anticristo del teologo olandese, Léonard Leys (1554–1623), l’opera biografica di un professore olandese di rettorica, André Schott (1552–1629 sulla vita del generale terza, Lex Talionis (un’opera di giurisprudenza) di Héribert Rosweyde, storiografo ecclesiastico anche dei Paesi Bassi, la biografia di Pedro Ribadeneyra (1527–1611), professore spagnolo sul secondo generale, l’opera di Louis Richeome (1544–1625), chiamato Cicero della Francia, sugli ugunotti alla traduzione latina di Marcellin Bompar e il libello del teologo tedesco, Adam Tanner (1571– 1632) contro Aegidius Hunnius, teologo evangelico al colloquio di Ratisbona (1601). Le opere degli autori medievali erano accessibili per i gesuiti alle edizioni del Quattro- e Cinquecento, come sono le sentenze di Petrus Lombardus (1500, Norimberga), la Bibbia di quattro volumi con i commenti di Nicolaus de Lyra (1487, Nurimberga), le epistole di San Girolamo (1518, Lione), la storia del mondo di Petrus Comestor (1503, Strasburgo). Queste edizioni vecchie, eccetto un volume, contengono note di possessor. Gli autori antici in questo periodo furono rappresentati da un’opera di Juvenalis, Vergilio, Cicero, Quintiliano, Aulo Gellio, Ovidio in spagnolo e un Aristotele all’interpretazione di Franciscus Vatablus, umanista eccelente della Francia. Qui possiamo menzionare anche un’edizione di Basilea relativamente vecchia di una descrizione geografica dei paesi lontani a cura del filologo tedesco, Simon Grynaeus che, da amico di Melanchton, insegnava anche al collegio di Buda. A Basilea lavorava da professore di lingua greca e partecipò alla redazione della prima confessione elvetico. La raccolta geografica contiene delle descrizioni interessanti dell’Etiopia, Persia, India, della Terra Santa, del paese degli tartari e dei russi. Tra gli autori ci
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sono Amerigo Vespucci, Marco Polo e Paulus Jovius.
Tre anni prima della fondazione dell’università Jakab Némethi scrivò il catalogo del collegio gesuitico e questo catalogo ci rimase interamente. E probabile che Némethi abbia registrato i libri secondo le fasi della sistemazione e non delle acquisizioni perché possiamo trovare tra i libri acquisti nel 1632 anche volumi del Quattrocento e Cinquecento. Non escludiamo la possibilità dell’acquisizione di un’eredità maggiore ma è possibile anche una catalogazione o recatalogazione a causa del disordimento che qualificava il Secento. Ci dimostra la situazione confusa la critica di Márton Szentiványi che alla fine del secolo menzionò dei libri non catalogati e quelli catalogati ma perduti durante gli anni fortunosi. Eppoi non abbiamo trattati ancora dei volumi perduti (probabilmente per sempre) senza catalogarli. I redattori del inventario di 1773 si lamentarono che avevano trovato nella biblioteca dell’università circa duemila libri scombussolati per terra.
Tra le edizioni vecchi catalogati da Némethi gl’incunaboli erano dominanti: edizioni della Bibbia, opere di Agostino, Petrus Tartaretus, Baptista de Salis, jacobus Wimpheling,
Decretalis di Gregorio IX. Non è sorprendente che tra gli antichi troviamo quelli editi a metà del Cinquecento con apparato critico. Per esempio un Aristotele interpretato da Angelo Poliziano, tutte le opere di Claudio Galeno, le fiabe dell’Esopo in italiano, le orazioni di Cicero e il commento di Porfirio su Aristotele. Tra le edizioni di più tardi possiamo trovare l’Astronomia nova, l’opera famosa di Kepler e tutte le opere di Justus Lipsius in uno volume. C’è un collegato contenente opere astrologiche che ha una storia lunga e molto interessante. Il libro fu di Johannes Dantiscus, umanista polacco e qualche decennio dopo il morte del vescovo di Warmia apparve nella biblioteca di András Báthory che verosimilmente lo portò con sè per il suo viaggio fatale quando voleva prendere il trono dal Zsigmond Báthory. nel volume c’è una poesia d’occasione dello storiografo Pál Háportoni Forró che studiava nel seminario gesuitico di Braunsberg a spese di András Báthory. Forse il suo mentore stesso lo raccomandò alla biblioteca del collegio di Nagyszombat (dove lavorava anche suo fratello, György) prima del 1632. Il collegato di sette parti venne mutilato, oggi contiene quattro opere solo. Il troncamento probabilmente succese dopo la catalogazione di Németh perché nel catalogo possiamo trovare la descrizione esatta di tutte le sette parti. Così abbiamo potuto riconstruire il volume.
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Edizione di testo dei cataloghi manoscritti
La fase seconda è stata l’edizione diplomatica dei due cataloghi. Le note di possessor rendono probabile che erano altri cataloghi dal periodo di Znióváralja e Vágsellye ma questi avrebbero potuti essere distrutti durante l’attacco di 1591 e la fuga di 1605. Così fu neccessario di fare un catalogo sistematico prima della fondazione dell’università perché l’insegnamento era
impossibile senza una biblioteca tenuta in ordine.
Il primo catalogo è mutilato e non datato. Ma la riconstruzione del fondo antico ci aiuta a definire il tempo dell’inventariare, nei volumi possiamo trovare la data: 1632. Anche ci sono qualche libro con questa iscrizione ma non trovabile nel inventario: queste pagine del catalogo verosimilmente venivano distrutte durante i secoli fortunosi. Secondo la letteratura speciale l’autore dell’inventario fu Jakab Némethi che aveva catalogato circa 1500 volumi. Alla fine del catalogo possiamo trovare i diversi libri di musica, salteri, cori, messe, mottetti raggruppati secondo genere, tono e numero delle parti. Questo fondo musicale era tanto significativo che nel 1777 doveva creare un inventario separato per le opere di musica. La descrizione delle opere sono continue, i numeri segnati in margine sono riferimenti al frontespizio dei libri. Némethi cercò di registrare tutte le caratteristiche di un esemplare: il nome del autore, il titolo, il formato del libro, la legatura, la data e il luogo di pubblicazione. In generale sono enumerate tutte le edizioni di tutte le opere di un autore, secondo la tradizione medievale: in ordine alfabetico dei nomi (e non cognomi) degli autori. Per semplificare della catalogazione non scriveva il titolo intero trovabile al frontespizio ma lo abbreviava e spesso catalogava l’opera secondo il suo titolo e non l’autore ben conosciuto mettendo in rilievo così il contenuto del libro. I titoli dei libri vennero tradotti in latino ma con segno della lingua originale. Ma a dire il vero Némethi non faceva questo conseguentemente, ci sono qualche opera unherese con titolo originale. La descrizione del formato, i nomi di luogo e le date è abbastanza tradizionale. Dettagliatamente catalogava gli esemplari molteplici, le opere collegate e di più volumi. Questo rende possibile la ricostruzione dei volumi mutili o scompaginati. Purtroppo anche negli anni ottocenteschi i bibliotecari spesso dissociavano collegati per "aumentare" il numero dei libri o per comporre le opere di un’autore nello stesso volume (per esempio nel caso del volume di Cicero) o per separare un incunabolo. Generalmente possiamo dire che i successori di Némethi lavoravano con attenzione minore, le descrizioni più brevi risultavano una certa inesatezza. Nonostante la tendenza c’era anche un bibliotecario che cominciava di catalogare anche i manoscritti. Creavano in questo periodo il primo catalogo per materia che ricominciava con ogni lettera.
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In questo sistema speciale era un problema grande: dovevano fare riferimenti ai libri vecchi che erano omessi dal catalogazione. Adottavano anche il metodo della catalogazione secondo i cognomi degli autori.
A causa delle circostanze sopradette del magazzinaggio la negligenza dei bibliotecari dovevano recatalogare tutto il fondo della biblioteca. Esaminavano lo stato materiale e la legatura dei volumi. Fecero stampare dei moduli arredati da tabella con frontespizio ornato che verosimilmente nello stabilimento tipografico di Nagyszombat. Szentiványi catalogò il fondo aumentato a 5500 volumi nel 1690 in ordine alfabetico dei cognomi, c’erano 23 sezioni di scienza per ogni lettera. Il catalogo nuovo voleva unire i vantaggi di quello alfabetico secondo i cognomi degli autori e quello sistematico per materia. Questa impresa assurda ci rende difficile l’identificare delle opere catalogate in questo modo. I manoscritti, le opere di più volumi e gli esemplari molteplici vennero catalogati con cura ma, in mancanza di spazio, i collegati non furono descritti dettagliatamente. Oltre le descrizioni esatte fu segnalata anche la data dell’acquisizione e/oppure del censimento. Questo mucchio di dati ci rende possibile a dimostrare in generale i mutamenti della tendenza d’accrescimento in fondi gesuitici per mezzo dell’analisi dell’indice
di ritardo ( l’intervallo tra l’anno dell’acquisizione e la stampa). Durante la edizine dei testi abbiamo potuto trovare molti casi in cui quest’indice è del valore di zero cioè il libro venne acquistato nell’anno della stampa.
Il riassunto delle fonti e la trasformazione in base dei dati
Tra i lavori paralelli già pubblicati la creazione della base dei dati è stata la fase più difficile. Questo tipo di lavoro non ha una grande tradizione (specialmente nel campo della registrazione dei diversi fondi antichi). Appunto per questo la domanda più importante era quella dell’utilizzazione di una base dei dati relativa ad un fondo dei libri antichi in un catalogo di rete, tradizionale. Il punto cardinale è l’informazione addizionale a rispetto dei libri moderni la quale si trova in questa base speciale dei dati. L’incastratura può avvenire in due modi: il modo semplice e rapido è la copiatura meccanica di un catalogo già esistente per scanner, però il metodo esatto è una catalogazione retrospettiva (prendendo in mano ogni libro esaminato) che può portare anche aspetti nuovi dello scoprimento del fondo antico. Quest’ultimo ci sembrava più efficace.
Il primo passo: definire le qualità bibliografiche di un libro. Le possibilità di cercata sono molto variabili. Mettiamo in rilievo un campo (field), per es. l’autore: in questo caso possiamo cercare il titolo, il formato, il lugo e tempo della pubblicazione, l’editore, possiamo
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dare parole di chiave o la lingua dell’opera. La ricerca complessa aiuta anche l’analisi dei motivi di storia della civiltà.
Il secondo passo: la collazione di librum inscribit dei due cataloghi manoscritti che solleva questioni nuove visto che ci sono spesso differenze e mancanze significativi.

Il terzo passo: l’analisi delle caratteristiche individuali dei libri. Abbiamo tentato di studiare complesso i dati relativi ad un solo esemplare. Gli aspetti più importanti: l’esame della legatura, del possessor, delle caratteristiche dell’usanza, la data di catalogazione, ecc. La legatura ha un valore di storia dell’arte e un altro di storia della civiltà: il possessore è quella persona che fa rilegare il libro, lo fornisce di supra libros ed ex libris, anche per questo è importantissimo l’analisi di legatura durante la ricostruzione di una biblioteca. Ma cè un altro aspetto inevitabile nella formazione della struttura della base dei dati: dobbiamo definire la data del primo catalogazione, identificare il possessor com’erano le caratteristiche principali dell’usanza del libro.
Alla fine dovremmo commettere i risultati dei tre passi: vorremmo fare questo in prossimo futuro. Nel migliore dei casi possiamo identificare circa 5000 libri tra cui si trovano 1000 con una storia cinque–secentesca indagabile in tutti e due cataloghi vecchi.
La formazione della struttura di record
Non abbiamo potuto evitare i problemi caratteristici menzionati anche dalla letteratura speciale. Gli stampati vecchi sono documenti speciali e richiedono una struttura speciale di record. In base alle nostre ricerche, le caratteristiche della collezione, l’esaminazione della struttura di record di altre database per fondi antichi ed agli elementi di dato abbiamo definito
i campi (field) seguenti:
  • La segnalazione del libro. Abbiamo cercato di scoprire tutte le segnalazioni di magazzinaggio di un libro dal periodo gesuitico fino a oggi.
  • Il nome dell’autore. Abbiamo registrato generalmente il nome scritto sul frontespizio creando un riferimento alla forma nazionale, alle varianti e alla forma unificata.
  • Il titolo del libro. Copiandolo dal frontespizio secondo la scrittura originale abbiamo cercato di rappresentare il titolo intero. I titoli paralelli, i sottotitoli etc. sono stati descritti come parte del titolo principale.
  • Il luogo della pubblicazione. In forma originale (anche in senso grammatico) e, tra parentesi angolari ([ ]), anche in forma unificata.
  • Il nome del tipografo e/oppure dell’editore. Abbiamo scoperto anche il nome dei collaboratori spirituali, commentatori, annotatori, prefazionisti, mecenati.
  • Il tempo della pubblicazione. Con numeri arabici, senza parola anno ed altre espressioni cronologiche.
  • Il formato del libro. Folio, quarto, octavo etc. 20
  • I dati d’identificazione dell’edizione. Nella maggioranza dei casi abbiamo trovato un numero bibliografico in qualche catalogo ungherese o straniero.
  • Le annotazioni. Descrizione diplomatica, datata delle note firmate, manoscritte, timbri, ex-libris, annotazioni marginali.
  • Le note di possessor. La scoprimento delle persone con l’aiuto di dati biografici, da chi e per quanto fu acquistato il libro, dove e quando, a che proposito, etc. Il dato istituto quando acquistava il volume esaminato, come cambiava il possessore durante gli anni, quali situazioni storiche influivano sulla possessione.
  • Il censimento del libro. Abbiamo usato la storie disponibili di famiglia, d’istituto, dell’ordine o semplicemente i dati che si trovano nel volume.
  • L’indice di ritardo. L’affermazione dell’intervallo tra l’edizione e l’acquisizione.
  • L’indice delle materie. Abbiamo cercato di trovare le parole frequentamente cercate dai lettori nel catalogo. Il vecchio catalogo analitico, basato sul sistema degli Stampati Vecchi
    Ungheresi è cambiato in certa misura durante l’ampliamento.
  • L’indice delle materie usata dai gesuiti.
  • La lingua del libro.
  • I dati d’estensione. La numerazione delle pagine o colonne in numeri arabici o romani
    secondo l’originale, le pagine non numerati sono rappresentate dai numeri arabici tra
    parentesi angolari.
  • Note generali.
    La fotocopia del frontespizio o di una pagina tipica del libro.
    Il sistema integrato della Biblioteca dell’Università Eötvös Lóránd, chiamato Horizon, usa il programma Sybase per strutturare l’informazione che è accessibile con clienti operanti nell’ambito del OS/2, Windows98 o WindowsNT. I dati bibliografici vanno registrati in formato USMARC che rende possibile il magazzinaggio e l’accessibilità di tutti i libri siano vecchi o moderni. Per lettori c’è il popolare OPAC (Online Public Access Catalogue) nell’ambito Windows95. Il software è capace di ordinare i nessi tra i
    record bibliografici e i file allegati, per esempio immagini che sono maneggevoli automaticamente con i diversi programmi. A causa delle caratteristiche speciali la sistemazione dei libri vecchi è stata elaborata separatamente poichè questi volumi anche in realtà si trovano altrove. Nel primo periodo del lavoro si è affacciato il problema dell’unificazione dei nomi, la sistemazione dei vecchi libri in catalogo analitico, il scoprimento e la rappresentazione delle caratteristiche speciali (legatura, possessore, usanza etc.). Abbiamo dovuto trovare una soluzione per la ricerca degli elementi di dato. Abbiamo dovuto aggiungere i nuovi record ai vecchi. Dal maggio di 1997 allarghiamo continuamente la nostra database chiamata RARE, per il momento ci si trovano 300 libri vecchi con le fotocopie digitalizzate dei frontespizi contenenti il nome del possessore.
    Abbiamo finito la terza fase dello scoprimento del fondo antico. Le fonti storiche (i due

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cataloghi secenteschi) sono pubblicate. E fatta la on-line database, multimediale, che rappresenta, oltre le descrizioni bibliografiche, i frontespizi dei libri. In un prossimo futuro i colleghi del nuovo Reparto degli Stampati Vecchi (Régi Nyomtatványok Osztálya) raccoglieranno tutti i libri del secolo XVI–XVII: speriamo che, grazie al magazzinaggio sistematico e con l’aiuto dei cataloghi pubblicati, arriccheremo questa collezione unica della storia della civiltà ungherese.
In un futuro lontano vorremo scoprire, accanto ai fondi d’Ungheria, le antiquissime delle biblioteche menzionate di sopra a Nagyszombat, Vágsellye, Pozsony (Presburgo), Turócszentmárton e Kolozsvár.
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