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Saturday, September 25, 2010

Giovanni di Cassai ( Masaccio ) 21/12/1401

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Alfonso Sderci

Ricerca storica su Gaiole in Chianti ed il suo territorio comunale

Prima di parlare di Gaiole occorre accennare al contesto nel quale il nostro paese è nato.

Territorio

Gaiole è situato nel Chianti, una contrada toscana dai confini indefiniti (Repetti). Di sicuro c’è soltanto la frontiera con il Val d’ Arno, costituita dalla catena dei Monti del Chianti (da Monte Muro a Monte Fenali) indicata nella Carta geografica Italiana mentre gli altri confini sono soggetti a spostarsi secondo i desideri dei comuni circonvicini, “golosi” del nome Chianti. Se, però, i suoi contorni sono labili, il nostro territorio può vantarsi, con sicurezza, di aver dato i natali al toponimo Chianti Il che non è poco. Infatti il Convegno di Meleto del Sett/88 ha dimostrato che Chianti è un Idronimo (nome da acqua) derivante dalla parola etrusca Clanis, termine con il quale, i nostri antenati etruschi, chiamavano il fiumiciattolo che nasce nei pressi di Cetamura e si riversa nell’Arbia al ponte alle Granchiaie ( da Clanis – Clantem-Clante Clanti- Chianti). La seconda prova ce la da’ il Repetti che cita un atto del 790, concernente la donazione alla Badia a Ripoli, di una “curte in Clanti cum integro salingo”, nonché lo Stopani il quale ha scoperto che la curte in oggetto era Tornano (Libro Spaltenna). C’è poi il Casabianca che cita due documenti dei XV° sec. dai quali si apprende che il corso del suddetto Clante era detto” Valle del Chianti”.
L’ultima e più fascinosa prova, ce la dà l’uso mediovale dei nobili castellani di dare, sovente, ai figli il nome dei fiumi locali (Ricasoli da Rio Casole), o di luogo (Meletesi –Panzanesi-Vertinelli) Ed è per questo che nel XII° sec. Guarnellotto dei Lambardi di Tornano chiamò uno dei suoi figli con il prestigioso nome di “Chianti”
Qundi se C. Nuovo Ber/ga oppure Montespertoli brigano con la Regione per ottenere che anche il loro territorio si chiami Chianti (come è già riuscito a fare Greve), noi non dobbiamo angustiarci poichè ci sono troppi interessi in gioco e le nostre proteste sarebbero vane. Ci deve confortare il sapere che “Chianti” è un toponimo di origine gaiolese, è il nostro patrimonio storico che nessuno ci potrà mai portar via !!
La popolazione- dalle tracce trovate a Cetamura da Nancy de Grummond sembra che i primi frequentatori del nostro territorio siano stati gruppi di cacciatori del Paleolitico (30/40 mila anni fa). Sarebbe interessante scoprirne le tracce in qualche grotta, ove gli ominidi di solito, si rifugiavano- Da tale periodo al 600 a. C. non si hanno altre notizie ma qualche altra visitina i Villanoviani, dai quali discendono gli etruschi, ce la debbono aver fatta, per procurarsi in Chianti carne fresca.
Infatti il nostro territorio era una buona riserva di caccia come lo dimostrano i toponimi da me trovati nella ricerca sui boschi, come quelli dell’orso , del lupo, dell’ astore e anche dell’ aquila. Se c’erano i rapaci ci doveva essere anche una abbondante selvaggina.
Verso il 600 a. C. si trovano nel ns. comune i primi insediamenti etruschi, prevalentemente nelle zone di S. Giusto- Montegallozzi- Cetamura e Nebbiano Erano le avanguardie di quella che poi sarebbe stata una invasione massiccia.
Infatti nel 382 a. C. i Romani distrussero Veio e gli etruschi superstiti si rifugiarono a Volterra disperdendosi poi, intorno al 325 aC., nel suo territorio che comprendeva anche il Chianti. Ciò percorrendo le strade di collina che gli etruschi preferivano. E su di un poggio costruirono Cetamura , un “oppidum”, una specie di forte (come fecero i pionieri del far-west) iniziando di lì una intensiva colonizzazione dei migliori luoghi- in collina- da trasformare in podere.
La mia ricerca sui toponimi, derivanti da Personale etrusco, ha rilevato un trentina di poderi di tale origine: Per comodità li ho inseriti in una carta geografica del nostro comune e la veduta d’insieme da’ la prova di chi fossero i primi colonizzatori del Chianti gaiolese . Oltre a popolare le nostre campagne, furono loro che introdussero nel Chianti la coltura della vite, dell’olivo e del farro e l’uso del bue chianino. Credo inoltre che il numero di trenta sia basso, poiché sono convinto che tutti i poderi o mansi del ns. territorio, situati in collina. siano stati impiantati dagli etruschi e se oggi hanno un nome diverso, è perche’ i successivi proprietari, romani o longobardi, lo hanno cambiato.
Si perché il dominio etrusco delle nostre campagne cessò dall’85 a. c. al I° secolo d. C.. Dopo 300 anni ad essi subentrarono i Romani. Si trattava di legionari di Silla, di Cesare e di Augusto nonché di liberti di famiglie nobili (i Flavi a S. Marcellino) che approfittando dell’apertura di una variante della Cassia, l’Adrianea con Hostaria a noi vicine a Iglandis (Pievasciata) e Biturica (Castellina), si diffusero nel Chianti. Anche se i Romani preferivano coltivare le pianure fondovalle. prepotenti come erano, certamente si appropriarono con la forza degli ottimi poderi avviati dagli etruschi, mentre un signorotto trasformò Cetamura in una villa con “calidarium”. Villa e tempio romani furono costruiti a Monti.
Alla ipotesi, su esposta. dell’appropriazione romana dei poderi etruschi, ci da’ la conferma Silvio Pieri, dall’opera del quale ho attinto i nomi etruschi. Accanto ai medesimi, nel Libro, c’è riportato il corrispondente nome latino dal quale poi è scaturito il toponimo attuale . Il concetto su esposto può essere meglio compreso dal seguente esempio . Riecine e Tiorcia sono due poderi vicini, posti nello steso colle e certamente impiantati ambedue dagli etruschi. Nel 200 d. C. due legionari romani li usurparono. Ma mentre Raecius ( da cui Riecine) latinizzo, l’originale nome etrusco Reicna, Tiburtius ( da cui Tiorcia) chiamò il podere con il suo nome romano, abbandonando l’originale etrusco, oggi ormai scomparso.
Ma anche i Romani durarono poco, poiché con la fine dell’impero iniziarono le invasioni dei Barbari ad ondate continue. Arrivarono anche a Gaiole come ci ricorda il toponimo Poggio ai Barberi, dove la tradizione popolare dei vecchi Barbischiesi, situa il primo accampamento dei Barbari che forse i loro antenati, avvistarono.
Finchè nel 572 giunsero i Longobardi che si stabilizzarono in Italia fondando un Regno. In Toscana, però, i Longobardi si fermarono nelle città mentre le campagne furono preda dei loro alleati : gli arimanni o lambardi, guerrieri di stirpe tedesca (per lo più Sassoni) che costituivano più della metà del loro esercito invasore. Nel Chianti erano Lambardi i Firidolfi - i Gottizi di Monterinaldi e Camporata nonché i Lambardi di Tornano, Campi, Lecchi, Cacchiano e Bricciano. La Lex- Longobarda li aveva resi proprietari “di tutto” e quindi si attestarono nei migliori curte (curtis) che poi trasformarono in castra (castelli) dominando sul popolo formato dagli scampati etruschi e romani servi della gleba. I Franchi giunsero nel 774 con Carlo Magno che divenne” re dei Franchi e Longobardi” Essi arrivarono nel territorio Gaiolese, solo indirettamente tramite i Berardenghi di origine salica che nel Chianti, possedevano il Castello di Monteluco (TV) parte di Brolio, di Lucignano e della Pieve di San Polo. Comandavano però in tutta la Toscana che divenne una Marca con a capo un Marchese Franco che si serviva anche di famiglie Longobarde. Il condottiero del Marchese Ugo di Toscana, era Ranieri di Berlingeri, un Firidolfi di Rio Casole, primo del ramo dei Ricasoli.

La lingua

Nel territorio di Gaiole, come in tutta la Toscana, si parlava etrusco fino al 1° secolo d. c. per passare al Latino fino al 6/700 In tale epoca, iniziò infatti il “volgare” che era la lingua del popolo (o volgo) mentre il latino, talvolta maccheronico, rimase solo per la stesura degli atti ufficiali.
Dopo la lunga premessa, passiamo ora a parlare di Gaiole.

Nascita del paese

Occorre premettere che intorno al 1000 alcune delle numerose aziende agricole che i romani chiamavano “curtis, volgarizzato in curte” che sorgevano nelle colline circostanti Gaiole, furono trasformate in Castrum (castra e poi castello) dalla famiglia predominante i Conti Guidi tramite i vassalli Firidolfi ed altri nobili Tali castelli erano: Barbischio (il primo) – Montecastelli- Malclavello (castello scomparso-zona di Mello) - Serravalle- Presciano (Bricciano) - Camprato (Camporata) –Stielle -Meleto-Vertine-La Gerda (castello scomparso ) San Donato. Montegrossoli era un castello imperiale (insieme a Fucecchio e S. Miniato- In essi stavano con le proprie famiglie i nobili che comandavano un territorio ben organizzato, con aziende agricole, mulini e frantoi oltre a numerose Pievi e Chiese, un Oratorio che divenne Monastero ed un Canonicato e quindi popolato da nobili, contadini, operai, artigiani, soldati, preti e monaci. Si era così formata una certa “popolazione” che aveva gli umani bisogni di approvvigionarsi dei beni materiali che non produceva. C’era quindi, necesssità di un mercato. Però gli unici, all’epoca, ad avere il potere (concesso dall’Imperatore) di istituirlo erano i Conti Guidi, feudatari del castello di Barbischio cui i Firidolfi erano vassalli.
Ed ecco che nel 1077 (data del primo documento scoperto) si apprende che esiste il Mercato di Barbischio. Ma la nascita vera era precedente.
E qui sorge la diatriba fra gli storici locali per stabilire se tale mercato aveva sede a Barbischio, oppure a Gaiole.
I fautori della linea Barbischio osservano che nel 1077 il toponimo Gaiole non esisteva dimenticando che il più accreditato documento cita Gaiole appena 9 anni dopo, nel 1086, C’è inoltre la donazione del 998 alla Badia di Marturi da parte di Ugo di Toscana di alcuni mansi nel Chianti fra i quali Ama e “Villa di Gaio”. L’accostamento fra quest’ ultimo toponimo e Gaiole è rifiutato perchè (bontà loro) a quella data il nostro paese” non era un villaggio” (come se fossero stati li a vedere !!).
E qui (meno male) ci sovviene la grande saggezza dello storico (ahimè defunto) Alessandro Boglione, nel libro” Gaiole fra cronaca e storia”. Lo storica ricorda che fino al 1300 il mercato di Greve era conosciuto come il mercato del castello di Monteficalle ( oggi, Montefioralle) e quello di Mercatale Val di Pesa come il Mercato del castello di Monte Campolese.
C’è inoltre da dire che, anche se i Firidolfi custodi del Castello imperiale di Montegrossi, rubavano ai Conti Guidi, alla”chetichella”, dei pezzi di territorio, quest’ultimi si sentivano padroni di tutto il comprensorio e quindi anche di quel fazzoletto di terra ove il borro di san Donato si getta nel Massellone e che da tempo immemorabile di chiamava Gaiole (come dirò in seguito) ma che nessuno lo aveva documentato.
Quindi il mercato del Castello di Barbischio era situato a Gaiole e, pertanto, Gaiole è “figlio del mercato”.
Nel XII°sec. i Conti Guidi, constatato che il mercato fruttava dei bei soldoni fra dazi e gabelle, tolsero il vassallaggio di Barbistio ai Firidolfi per concederlo ai Conti di Battifolle, loro stretti parenti. I quali, però, ai primi del 1300 furono scacciati dal fiero popolo barbischiese “ per questione di femmine “ (Lex primae noctis)

L’origine del nome

Sull’argomento, varie sono le ipotesi degli storici
-Inizia il Repetti per affermare che l’origine del nome è derivante dal territorio ”selva adibita ad attività venatorie” definito nella lingua longobarda come “ Egahagi” da cui viene Gaggio e Gaggiole.
-Il Casabianca, conferma “ ad occhi chiusi” tale ipotesi.
-Silvio Pieri, nel suo trattato di toponomastica, ascrive il toponimo Gaiole alla Gariola da Pica Glandaria ( Ghiandaia). Ma non ci crede molto e propone la desinenza del personale latino Carius in Carianulae, dal quale deriverebbero Caille e Caiaule. Questi toponimi sono molto vicini a quelli che il Repetti riporta all’inizio del suo articolo come antiche”menzioni” del toponimo e cioè “Gajolae e Cajolum”che sono certamente nomi latini. Ciò è importantissimo perchè avvalora l’ipotesi che Gaiole abbia una origine Romana
-Alessandro Boglione contesta la derivazione di Gaiole dal termine longobardo Egahagi dicendo che gli storici fanno derivare da esso, in tutta la Toscana, solamente i toponimi Gaggio-Gaggiolo Cafaggio e Cafaggiolo ma in nessun altro caso Gaiole. Del resto io nella mia ricerca sui nomi dei boschi ho trovato il toponimo Bosco di Gaggiole e mi sembra veramente impossibile che sotto Vielle, Engahagi diventi Gaggiole ed a tre km., in linea d’aria, dia origine a Gaiole.
Prosegue lo storico per confermare il Pieri nella Gariola e molto di più nella derivazione dal personale, della bassa latinità, Carius donde Carianus o Carianulae. Pertanto……………
Sembra ormai confermato che il toponimo “ Gaiole” deriva da un nome personale romano. E’ questa anche la mia ipotesi suffragata da altre notizie che riporto qui a seguito.
Ho precedentemente riferito dell’arrivo di romani nel Chianti. Qui giunti i più gagliardi si appropriarono dei poderi degli etruschi, mentre i più umili (la bassa latinità) impiantarono dei poderetti nei piani lungo i borri. Nell’alta valle del Chianti e del Fontercoli abbiamo una serie di curtis dal nome di origine latina, come Le Piana ( da Planum) -Camboi (da Campum Boves) - Il Prato (da Pratum) - Fonti ( da Fontem /is) - Camporata ( da Campum-pratum) - Monteverdi (da Montis Viridis) -Il Trebbio (da Trivium) - Tibuca (da Intu bucam) e poi i due di Gaiole paese:
Casa Canti- da Cantio derivante dal latino Cantius (Reg. Colt. 1085) 
Trattasi del podere del Tato (Del Lungo, ) con casa nel luogo di quella nuova rifatta, e capanna dove ora e la Filarmonica
Rtitrovamenti archeologici a Gaiole nella zona del vecchio podere del Marzi, (Propr. Barbi) nella parte iniziale del vigneto a Sin. della strada dell’Uliveta, Nella parte bassa accanto al Carloni nel 1960 circa (io ne ho testimonianza diretta ma anche altri Gaiolesi), furono scoperte 10 tombe a tegola romane, poi ricoperte poiché era in costruzione il vigneto, mentre il Valenti, archeologo della Provincia (Vedi Carta archeologica n. 178) scoprì un poco più sopra i resti di una casa romana del 1° sec. D. c.
Per me non ci sono dubbi, è il famoso “anello mancante”. E’ la casa del Romano Carius dal cui nome viene il toponimo Gaiole che identificò la curtis e la zona circostante e poi il mercato ed il paese che si costruì intorno alla sua piazza.
Abbiamo una casa romana del I° sec d. C. -- 10 tombe romane, -- una curtis che dal 1086 si chiamava Gaiole -- un mercato nato nel 1077, che nel 1215 fu chiamato Gaiole e che aveva luogo nel terreno della curtis-- ed infine abbiamo la ipotesi di 2 storici insigni, attestante che il toponimo Gaiole deriva dal nome di un colono romano chiamato Carius
A me sembra proprio che basti. !!!!
Provo quindi a riportare la trasformazione del toponimo nei secoli (secondo il Pieri- Boglione, Repetti ed atti ufficiali. ) Carius- Carianulae- Caiaule – Cajolum- Gajolae-Gajole- Ghaiuole- GAIOLE. ( E’ solo il tentativo di un “apprendista stregone “ ma mi sembra che “fili bene”!!. )

Sviluppo del Borgo o Villa di GAIOLE

Nei due ultimi capitoli abbiamo appurato le vicende della nascita di Gaiole e l’origine del toponimo. L’accertamento di quest’ultimo rimanda indietro nei secoli la data di nascita dello stesso. Presumibilmente al VII° e VIII° secolo quando cambiò la lingua del popolo toscano trasformando il latino in volgare. Nella fattispecie quando Santi Petri divenne Fietri, quando Ilicium divenne Lecchi o Verticius diventò Vertine anchè Carianulae fu trasformato prima in Caiaule (Pieri) - Gajolae (Repetti) e poi in Gaiole.
Ne consegue che ai primi del 1000, quando i Firidolfi per conto dei Conti Guidi, loro feudatari, istituirono il Mercato del Castello di Barbischio, in un pianello, fra due borri, dell’ex podere di Carius, il sito si chiamava già Gaiole.
Fu scelto come luogo di mercato perché era un crocevia delle strade a selce per Vertine (partendo dal Carloni), per Sandonato e di li per Radda (dal Ponticino della rena) e per Montegossi, Badia ed il Valdarno (attuale Strada del Masseto) attraversando il borro dal ponte mediovale detto “di Sciobole”, Per Barbischio e per Meleto c’erano 2 strade lungo gli argini del borro. (Vedi Carta del Capitani del 1575) .
C’era l’acqua, una bella fonte mediovale (citata dal Casabianca) ora finita dentro la cantina del Cinelli (o meglio era finita dentro la tinaia di S. Donato, poi diventata casa). La fonte era indispensabile poiché, d’estate, il borro seccava.
Escluso qualche fondaco e forse due o tre case coloniche, agli inizi, intorno alla piazza del mercato di case ce ne dovevano esser poche, perchè i mercanti la giudicavano poco sicura poiché non protetta da mura e preferivano abitare, con le loro famiglie, nel Castello di Vertine. Questo fatto causò l’inconveniente che la popolazione del borgo nuovo, fino al XVIII° sec. risultò residente nel comunello di Vertine, come dimostrano i censimenti ed il borgo di Gaiole “ sembrava disabitato”. Dopo tante richieste, solo nel 1745 Firenze scorporò da Vertine i gaiolesi che di fatto abitavano nel paese (la burocrazia era lunga anche allora).
La piazza del mercato era piccola ( ne rende l’idea una cartolina del 1890 che allego), chiusa in cima dal borro di S. Donato e dal famoso “Fornino” ove nel 1865 nacque la Filarmonica. Comunque le case vennero costruite nel Medioevo come lo dimostrano alcuni manufatti medioevali, così giudicati da un esperto architetto Ulteriore prova sta nel fatto che nel 1298 fu fondata la Compagnia del Corpus Domini che aveva sede nella chiesa nuova, costruita di là del borro e se c’erano le case, la chiesa, ed una Compagnia religiosa, è’ evidente che nel 1298, Gaiole aveva la sua popolazione residente.
Il mercato si teneva in un terrapieno a monte della piazza con le merci esposte in alcuni fondaci a piano terra delle case o in bancarelle posticce nella piazza. Ma lo spazio di manovra era poco poiché la piazza piccina, Poi, intorno al XV° sec., il maggior sviluppo del mercato, favorito anche dal Decreto della Signoria Fiorentina che proibiva arresti per debiti nell’area mercatale, dette l’impulso alla costruzione della seconda piazza nell’ampio piano sulla riva sinistra del torrente, collegata alla prima da un ponte più largo (quello del barrino) Nella Carta dei Capitani di parte guelfa (allegata) del 1575 si vede bene la seconda piazza fatta “ a baccalà” già quasi completamente contornata di case e fondaci. L’immagine d’insieme delle due piazze ci dà la prova di quanto fosse importante il “mercato di Gaiole” ed il borgo nato intorno a lui.
Il mercoledì di ogni settimana, doveva essere uno spettacolo il vedere le due piazze fitte di banchi di vendita e di “merciai” vocianti e percorse da una variopinta moltitudine di “capocci” “massaie” e genti di ogni risma, vestiti a festa, scesi dai borghi e castelli vicini per fare acquisti, stilare contratti dai notai del Foro, scambiarsi notizie e saluti e, perché no, bere nelle osterie, abbondanti “Gaiole”, colme del favoloso Chianti o del più economico ma frizzante “acquarello”. La Gaiola era una anfora caratteristica del paese che finì per diventare una misura standard di mescita del vino, nota in tutto il circondario , e richiesta tal quale. (Gaetano Furielli ne conserva un esemplare originale. )
Il Mercato era regolamentato da rigidi Statuti e diretto da un “piazzaiolo” responsabile dei pesi e misure, che pagava un canone al comune. Sull’argomento ha scritto un ampio ed esauriente articolo, il concittadino Pagni Galantino nel Quaderno della Biblioteca comunale, “Gaiole fra cronaca e storia”.

Chiese ed edifici pubblici

Intorno al 1000 il fonte battesimale della popolazione di Gaiole aveva sede nella Pieve di San Piero in Avenano. Ciò fino al 12/5/1138 allorchè il medesimo, trova nuova sede presso la Pieve S. Maria a Spaltenna, costruita ex-novo dai Firidolfi- perché San Piero era diventato un Collegio di Presbiteri, perdendo il titolo “plebano”. Comunque, come riferito in precedenza, nelle Carte della Repubblica fiorentina la Parrocchia dei Gaiolesi, figurava San Bartolomeo a Vertine, Per loro Gaiole era solo un sobborgo.
Come riferito in precedenza nel 1298 si ha la fondazione di una chiesa cui aveva sede la Compagnia del Corpus Domini che officiava la sepoltura dei morti, mentre l’ospedale Gaiolese era a Spaltenna. Ma c’e n’ era uno anche a Vertine, unitamente alla Compagnia di S. Maria, poi trasferita a Spaltenna. Questa antichissima Compagnia, gestiva un ospedale dal titolo ”Casa di ricovero per indigenti” ed in casi eccezionali (1478 e 1527) fu anche “Lazzaretto” quando la peste colpì Gaiole.
Nel 1500 la suddetta “Casa” passò sotto il controllo dei Capitani del Bigallo e della Arciconfraternita di Misericordia di Firenze. (Casabianca). I meritori Gaiolesi (fra i quali mio nonno omonimo) che nel 1917 fondarono la Confraternita di Misericordia Gaiolese, non sapevano che a Gaiole, questa c’era già dal 1500.. Non c’è da far loro una colpa., poiché nel 1917 il Casabianca non aveva ancora pubblicato le sue ricerche storiche.
Nel 1690 il fonte battesimale venne trasferito nella Chiesa della Compagnia che era stata rifatta quasi “ex novo” nel 1612 e dotata di 3 campane. Detta chiesa nel 1708 ebbe dal Vescovo Panciatichi di Fiesole il titolo di Pieve di San Sigismondo e Santa Margherita.
In questa chiesa, come le altre pievi della campagna toscana si eseguivano le tumulazioni dei morti in un locale a fianco della stessa con il vecchio, barbaro, sistema della immersione in una apposita vasca contenente calce viva, poi coperta con un lapide provvisoria. Avventa la scarnificazione, le ossa venivano raccolte e conservate in apposite nicchie scavate nei muri, coperte da una lapide con i nomi. (ne ho di tutto un ricordo indelebile, quasi da incubo. ). Quando le nicchie erano piene, i vecchi resti erano tolti, ed ogni famiglia provvedeva a trasferirli dentro una specie di cimitero, ed ivi seppellirli. Era un campo in paese, del quale (forse per una cappellina) si ricorda ancora il nome: Sant’Andrea. Era ubicato in quel rettangolo ove ora sono la Posta ed i bagni pubblici. Il terreno venne abbassato con l’impiego della prima ruspa vista a Gaiole nel dopoguerra. Durante lo scavo suddetto furono trovate molte ossa e teschi, che vennero raccolti e portati in un cimitero. Quanto ho riferito è la base storica del bellissimo racconto “Pietà di mamma”, di Temistocle Gradi, ricavato, come altri, dalla tradizione popolare gaiolese. Infatti il Granduca Leopoldo di Lorena venne effettivamente a Gaiole (Giugno del 1773) ed è plausibile che visitando la Chiesa della Compagnia abbia sentito “il fetore descritto” poiché il sistema di tumulazione in chiesa era quello sopra riferito. E’ storia che nel 1774 abolì la Lega e costituì tre nuovi Comuni separati, definendone il territorio e dotandoli di un Regolamento. In allegato a questo, avrà dato ai nuovi Sindaci, disposizioni particolari per correggere difetti riscontrati nella sua visita. E fra queste è possibile che ci sia stato l’ ordine di costruire dei nuovi cimitero comunali, abbandonando i macabri procedimenti, sopra descritti. Quello del paese venne costruito in un campo fra la “Casa di Pille” ed il Piano alla fine di una stradina che ora porta dai Migliorini. Dalla parata del Piano, come dice il racconto, si vede bene la zona del vecchio cimitero, ove fino a poco tempo fa, c’era un capannetto in pietra che doveva essere la cappella, ma che ora è sparito, insieme al camposanto. Le cose vecchie a Gaiole non reggono. !!
Tornando alla Pieve di S. Sigismondo, il suddetto rifacimento fu certamente finanziato dalla famiglia dei Ricasoli, poiché quando negli anni 30’ il fonte battesimale fu trasferito nella attuale nuova Chiesa , in costruzione, la precedente venne sconsacrata e tornò in proprietà dei Ricasoli. Il Barone Luigi la vendette ad un Gaiolese che la trasformò in garages ed appartamenti. Fu un gravissimo scempio, poiché era la più significativa vestigia del patrimonio storico del nostro Gaiole, forse la più importante testimonianza del nostro passato, insieme alla Fonte medioevale finita dentro una cantina privata e (si dice) alla fonte etrusca sotterrata in un rifacimento !!!!
E meno male che, recentemente, nel restaurare un Bar, si è scoperto un magnifico arco in pietra conciata con incisa, nella cuspide, la data del 1630. E per fortuna c ’è sempre un acquaio rinascimentale, in pietra serena scolpita (come quelli del cassero di Castellina e di Meleto), insieme ad un favoloso terrazzino antico, nel palazzo degli Eredi Chini che chiude la piazza Ricasoli. Su questo palazzo antico (vedi carta dei Capitani) mi permetto di fare una ipotesi. Oltre ai reperti suddetti era un edificio ben strutturato e completo di ogni comodità. E’ dotata di numerose stanze, una grande sala, e ampli fondi a piano strada (per uffici?) aveva anche la scuderia e vari annessi, da vera casa signorile.
Presumo che dovesse essere il Palazzo della Lega, adibito ai Notai (fissi a Gaiole per 6 mesi) nonchè al Podestà quando, spesso, veniva a Gaiole per sorvegliare i fuorusciti senesi. Addirittura, nel 1492 il Podestà Pazzino de’ Biliotti si trasferì definitivamente a Gaiole, suscitando le ire di Radda e Castellina. Può darsi anche (è una ipotesi) che nella casa suddetta,, abbiano soggiornato i personaggi famosi, dei quali parlerò più avanti.
Si apprende, da un atto notarile rogito a Gaiole nel 1433, che il Monastero di Coltibuono acquistò il podere di Riecine ed il Mulino di Gaiole che però non macinava causa le lotte fra Siena e Firenze. Non si sa da chi ne quando fosse stato costruito, ma l’antica torre centrale esiste ancora, inglobata nella casa del Rocchi: Nel piazzale ci sono ancora le macine, e si intravedono la gora ed il ritrecine. Il berignolo prendeva acqua dal Pozzo all’anguilla.
Consultando la Mappa dei Capitani di Parte Guelfa, relativa alle due piazze di Gaiole, disegnata dal Catasto fiorentino dal 1550al 1575 si riconoscono i due edifici contigui noti oggi come Scuola vecchia ed il Comune vecchi (casa di Fosco e casa di Nanni) Che nel XVI°Sec., a Gaiole, ci fosse già una scuola, si apprende dal Libro dei saldi ove è scritto che nel 1578 l’insegnamento scolastico venne affidato a Fra Silenzio di Giovanni, predicatore quaresimale che fu retribuito con 41/lire per metà anno.. In seguito il Maestro venne retribuito con 100 e 150 lire annue.
Sempre dalla Mappa suddetta si vede che nel 1550 esistevano a Gaiole solo 2 ponti : quello detto ora “del Barrino” e quello più antico (medioevale) di Sciobole. C’era anche il Ponticino della rena, all’inizio della via lastricata per S. Donato.

Notizie varie sui primi 500 anni di Gaiole

-Gaiole luogo di transito= Guardando la Carta geografica si nota come la Valle del Chianti, fosse la strada più agevole per raggiungere il Valdarno, tramite il valico di Montegrossi. partendo dal Senese. E come dice il Casabianca “Gaiole è in posizione tale da richiedere ivi necessaria una sosta ai viaggiatori ed alle masnade che andavano da una valle all’altra” Il paese era quindi dotato dei comodi per ristorare ed alloggiare i viandanti. C’era persino un Ospedale (vedi sopra) al mantenimento del quale erano destinate parte delle multe e pene (Statuti, 1505) ,
La vecchia strada per Badia doveva probabilmente iniziare dal mulino inerpicandosi per Capannelle e Riecine. Era il collegamento da Gaiole al Castello di Montegrossi ed al Monastero di Badia, e di li proseguiva per il Val d’Arno e Firenze Ci passavano i normali viandanti ma anche gli eserciti in trasferimento dei quali ce ne fa un elenco il Casabianca.
Nel 1250-i Senesi, andando a Montaio a soccorrere i ghibellini assaliti dai guelfi, passarono da Gaiole all’andata e subito dopo al ritorno, inseguiti dai Fiorentini, inferociti per l’invasione. Gaiole subì vari danni.
Nel 1378 alcuni “Ciompi” fuggiti da Firenze e rifugiatisi a Siena, di li partirono per andare ad occupare Figline. Erano 120 a piedi e 30 a cavallo e passarono da Gaiole, depredando.
Nel 1478, durante la 3° invasione aragonese che distrusse tutti i castelli del Chianti ( e per assediare Barbischio- Vertine eMontegrossi dovettero certamente passare da Gaiole) si ha notizia che il 3 luglio, 500 cavalieri e molti fanti Fiorentini, soggiornarono a Gaiole.
Nel 1480 ci soggiornarono 300 cavalieri fiorentini
Nel dic. 1495 Bindaccio Ricasoli, Commissario fiorentino del Chianti, fa fermare a Gaiole 2 Compagnie perché a Brolio non c’era più posto.
I seguenti due passaggi sono importanti: un Papa ed un Imperatore. Il primo era Clemente VII° che si doveva imbarcare a Porto Pisano per andare a Marsiglia. Proveniente da Montepulciano si fermò a Gaiole, ricevuto da suo nipote Alessandro dei Medici. Dove avranno dormito cotanti personaggi. ? (forse nel su accennato Palazzo della Lega).
L’Imperatore era nientemeno che Carlo V°, che intenzionato a recarsi a Milano con il suo esercito di Spagnoli e Lanzichenecchi, il 28 aprile del 1536, proveniente da Siena, arrivò a Gaiole ove trovò a riceverlo suo genero, il Duca Alessandro dei Medici. Mentre i Signori parlavano (dove non si sa) i Lanzi si dettero ai danneggiamenti ed alle ruberie nel circondario. A Radda bruciarono una osteria ed il proprietario richiese per i danni 80 scudi, al Podestà. L’esercito che sostò a Gaiole e Radda era di 500 carriaggi con circa 10/mila persone di cui 7/mila fanti ed il resto donne e bambini. Così viaggiavano gli eserciti di allora e per i due paesini del Chianti fu una vera e propria “invasione di cavallette”. Dal libro dei saldi del comune di Gaiole si notano, in quel disgraziato giorno, molte registrazioni relative a compensi di gite per portare rifornimenti ai Lanzi o indennizzi per ruberie. Finalmente se ne andarono ma non tutti. Sembrerebbe che una famiglia di Lanzi si sia fermata a Gaiole. Da ricerche fatte dai miei familiari nell’archivio parrocchiale presso la Diocesi di Fiesole, sembrerebbe che i primi Sderci siano arrivati a Gaiole…quel giorno. Non ho documenti per dimostrarlo se non un attestato araldico nel quale si afferma che gli Sderci sono di origine Slava. Ed i Lanzichenecchi erano Boemi e quindi slavi. Poi c’è la indubbia somiglianza fisica di alcuni miei parenti (altezza, occhi azzurri e capelli biondi). Scusate questa mia “licenza” personale, ma mi sembrava interessante.
Peste a “Ghaiuole” Così scrive il 6/4/1527 Bettino Ricasoli da Brolio al Governo di Firenze pregando di prendere provvedimenti poiché il borgo è“ luoco di mercato” e “ se non si provvede sarà di necessità che di peste o di fame si muoiano come cani, oltre a portare pericolo di non infestare tutto il paese, imperochè la fame non ha legge.
Proibizione di tener capre Nei paesetti di campagna era sempre usato tenere gli animali domestici a spasso per le strade. Una famosa foto della Piazza di fine 800’ si vedono due belle papere a spasso, davanti all’odierno Monte dei Paschi. Nel 1439 ci tenevano anche le capre che considerate “pessima e dannifera bestia” fu per editto del Podestà proibito di tenerle. L’autorità però ci ripensa e nel 1451 riconcede di tenere capre, purchè pascolino al di là di mezzo miglio dai paesi di Radda, Gaiole e Castellina.
Artisti di origine Gaiolese- Per mia esperienza diretta, durante una visita della Biblioteca a Palazzo Vecchio, appresi che le travi del soffitto del “Salone dei 500” erano state scolpite da Giovanni di Domenico da Gaiole, valente ebanista che intagliò (fonte Centri Enzo) anche il Coro ligneo della famosa chiesa fiorentina di San Miniato. (ove c’era una targa)
-Come riferisce il Casabianca il nonno di Baccio Bandinelli, tale Viviano da Gaiole ove faceva il fabbro, si trasferì nel 1400 a Firenze, ove si specializzò, con la famiglia, nella costruzione di armature finemente cesellate. Baccio fu un valente scultore (Ercole e Caco) ma deve la sua maggior fama al pugno che deformò la fisionomia del suo nemico Michelangelo Buonarroti. Si chiamava Brandini ma cambiò cognome nel 1530 (Vasari).
Come scrive Attilio Droandi nella sua Vita di Masaccio. Nell’anno 1383 due fratelli Mone e Lorenzo d’Andreuccio lasciarono Gaiole per trasferirsi nel nuovo Castello di S. Giovanni V. Arno. I fratelli a Gaiole facevano i falegnami, specializzati nelle casse per corredi e presero da qui il cognome di Cassai. Al figlio di Si (Mone), Giovanni Cassai notaio in San Giovanni, il 21/12/1401 nacque un figlio che fu chiamato Tommaso Cassai, ma che in seguito divenne noto con il soprannome di Masaccio il grande pittore del XV° secolo. Il secondo figlio, Giovanni fu, anche lui pittore noto come Scheggia, ma di minor fama.

Storia del Chianti Gaiolese dal 1176 alla caduta di Siena (1555) e delle cruenti guerre di confine fra Siena e Firenze.

Già dal 715, sotto il Regno di Liutprando, le Diocesi di Siena e di Arezzo si davano battaglia (legale) sui loro confini nel territorio del Chianti. I Fiorentini, che già erano nel Chianti per diritto sui territori della Diocesi di Fiesole, per un po’ stettero a guardare, poi nel 1100 occuparono l’altro pezzo di Chianti, fino alla Bornia (Pianella) e parte della Val d’ Elsa.. Nel 1151 il Conte Ugolino di Ranuccio Soarzi padrone di Staggia con possessi in “tutto il Chianti “e nella Val d’Elsa fece la donazione di tutti i suoi possessi al Vescovo Ranieri di Siena. Era evidentemente una contromossa dei Senesi alla occupazione fiorentina. Si iniziò quindi una guerra fra Siena e Firenze e dovette intervenire il Papa senese Alessandro III° perché fosse fatta la pace. Ma non bastò e la guerra ricominciò fintanto che il29/5/1176 il Barbarossa fu sconfitto dai Comuni Lombardi a Legnano, lasciando così senza protezione il partito ghibellino senese. Siena fu quindi costretta a cedere e nell’incontro di pace tenutosi l’11/12/1176 nella Pieve di san Marcellino i Consoli Senesi Forano e Rustichino consegnarono alla Repubblica fiorentina tutto il Chianti dalla “Bornia al Castagno aretino (Castagnoli) ”
E’ pertanto, da tale data che il nostro Chianti diventa fiorentino e quindi guelfo. Anche i Ricasoli Firidolfi ghibellini di nascita, dopo una certa resistenza che si conclude nel 1183 con la distruzione del loro castello di Montegrossi, vengono a più miti consigli e per evitare di perdere i loro castelli e proprietà in tutto il Chianti, cambiano bandiera e diventano guelfi “ mangiando, però, un grosso rospo”!!.
Ma l’Imperatore germanico, digerita la sconfitta di Legnano ritorna in Italia a proteggere le città ghibelline e Siena trova coraggio di riprendere la lotta per il territorio con la nemica Firenze. Ed a pagare le conseguenze sono i territori di confine quali il Chianti, la Valdelsa e Montepulciano.
Nel 1250 avviene un fatto interessante per il chianti. Firenze preoccupata delle incursioni dei senesi organizza militarmente il territorio di confine, creando le Leghe con il compito di proteggere il loro territorio e di accorrere in soccorso delle Leghe confinanti. E così nasce la Lega del Chianti che riunisce in un solo organismo i tre comunelli chiantigiani di Radda, Gaiole e Castellina sotto il comando di un Podestà, di 3 notai, ed un corpo d’armata, costituito da contadini e soldati dei nobili che in caso di necessità accorrono sotto il comando, quasi sempre, di un Ricasoli Firidolfi. Ci vuole più di un secolo (1384) prima che si organizzi e che si dia gli Statuti, ma sarà un sodalizio importante per i chiantigiani e durerà fino al 1774.
Ritornando alla continua guerra fra Siena e Firenze che terminerà solo con la caduta di Siena nel 1555, si può dire che il Chianti e la stessa Gaiole furono le vittime sacrificali delle invasioni degli eserciti mercenari senesi ed anche fiorentini.
Dopo la disfatta fiorentina a Montaperti nel 1260 i senesi si gettano nel Chianti facendo molti danni. -Ripercussioni per le popolazioni di San Polo e Vertine si hanno nel 1351 in una lotta intestina fra esponenti della famiglia Ricasoli (Il Pievano di san Polo ed i Nipoti di Arrigo di Brolio).
Nel 1363 sarà la Compagnia bianca del mercenario tedesco Alberto Sterz al servizio dei pisani che vuol raggiungere Firenze attraverso il Chianti e passandoci all’andata e ritorno fa molti danni. - Nel 1379 Gian Galeazzo Visconti si alleò con Siena contro Firenze ed il suo esercito distrusse il Castello di San Giusto a Rentennano, usando (per la prima volta nel Chianti) le bombarde che lanciavamo proiettili da 1/ql.
Nel 1396 scoppiò un’altra battaglia fra due Ricasoli che non la pensavano allo stesso modo. Nicolaccio si sentiva ancora ghibellino ed amico di Siena e con un gruppo di armigeri (forse forniti dai senesi) occupò il castello di Montecastelli del suo parente Arrigo (suddetto) e poi, da li si mise a far danni in tutto il Chianti. Firenze mandò un esercito che riuscì, a sconfiggere Nicolaccio il quale si rifugiò a Siena, mentre Arrigo fu risarcito dei danni.
Nel 1433, anno in cui si firmò una pace fra Siena e Firenze “ per riposarsi dopo tante lotte”, il Capitano di ventura Antonio Petrucci conquistò il Castello di Brolio con uno stratagemma ma dopo 40 giorni fu costretto a riconsegnarlo, causa l’arrivo di 500 uomini fiorentini e senesi, coalizzati . Nel 1447 ha inizio la fase delle 3 invasioni degli Aragonesi signori di Napoli, che avevano mire sul Ducato di Milano e che si riversarono in Toscana, contro Firenze che era alleata degli Sforza nuovi padroni di Milano.
  1. Nella prima invasione, il Chianti ebbe solo danni per ruberie dell’esercito di passaggio.
  2. Nella seconda del 1452 venne distrutto il castello di Lucignano e perpetrate ruberie agli altri, senza conquistarli.
  3. Nella 3° che iniziò nel 1477, approfittando della Congiura dei Pazzi, l’esercito napoletano e dei suoi alleati Papa Sisto IV ed i senesi, invase massicciamente il nostro Chianti e se ne andò solo nel 1480 quando Lorenzo dei Medici si recò a Napoli a fare la pace. Furono conquistati e semi distrutti i castelli della Castellina, Radda, Rencine, Cacchiano e Brolio. Per conquistare e distruggere quest’ultimo (13/9/1478), furono necessari più di cinquemila uomini e la “grande bombarda” fatta venire da Paganico. Gli unici castelli che non riuscirono a conquistare furono Vertine e Castagnoli, mentre i rimanenti furono conquistati, per resa e non distrutti.
  4. In ricordo dell’assedio di Cacchiano è rimasto un “toponimo” da me rilevato nella ricerca pubblicata. Il poggetto posto alla sinistra del bivio di Cacchiano, ove gli assedianti comandati dal Duca di Calabria avevano il loro accampamento, si chiama oggi ”Poggio del Duca”
I senesi, che venivano dietro le truppe aragonesi, depredarono borghi e castelli e si impossessarono di tutto il Chianti e della Valdelsa. Ma, sia per gli accordi di pace di Firenze con gli Aragona, sia per ribellione dei chiantigiani contro i “nemici” senesi, i medesimi in poco tempo dovettero “risputare il boccone”.
Eclatante è il caso di Barbischio che i Ricasoli di Mantegonzi unitamente ai popolani in rivolta, riuscirono a liberare facendo prigionieri 100 senesi ed il loro commissario Lorenzo Sozi che finì nel carcere delle Stinche.
Purtroppo il passaggio di tanti soldati di ventura, causò nel povero Chianti distrutto anche i primi focolai di “peste”. In una lettera di Giovanni Ricasoli del 2/2/1479 da Vertine si parla di “.. famiglie gaiolesi che s’erano ridotte pel morbo nella Pieve di Spaltenna”.
Ma finalmente nel 1483 fra le Repubbliche di Siena e Firenze fu fatta pace e costituita una Lega di alleanza che doveva durare 25 anni. Ad eccezione dei passaggi di truppe, in questo periodo, nel Chianti non si ebbero disastri e Firenze potè pensare a ricostruire i Castelli, cominciando da quelli più importanti. Poi ci ripensarono i Papi che rivolevamo i Medici a Firenze. Nel 1529 Clemente VII si alleò con Carlo V° il quale però non invase il Chianti ma il Valdarno attestandovisi in procinto di conquistare Firenze I Senesi approfittarono dell'occasione per molestare i fiorentini e conquistarono Brolio e Monteluco B/Ga saccheggiando Radda e Castellina.
Intanto le truppe di Carlo V, dal Valdarno facevano scorrerie nel Chianti per approvvigionarsi ed il 25/2/1530, circa 300 Lanzichenecchi assalirono il vetusto castello di Montegrossi, e lo distrussero, escluso un Torrione, trucidandovi 500 persone. Ed appena 6 mesi dopo conquistarono Firenze rimettendovi al potere Alessandro dei Medici quale Signore a vita, con diritto ereditario e titolo di Duca.
E sempre Carlo V nel 1553 fornì a Cosimo dei Medici truppe spagnole e tedesche (Lanzi) che si accamparono nel Chianti per conquistare Siena . Meno male che al loro approvvigionamento, questa volta ci pensarono i fiorentini A Gennaio del 1554 iniziarono le ostilità con l’assedio a Siena che il 7/4/1555 si arrese e nel 1557 divenne proprietà dei Medici.
E finalmente il povero Chianti ed il nostro Gaiole ebbero la pace agognata Ma anche l’oblio, perché non essendo più territorio di confine nella lunga guerra fra Siena e Firenze, Gaiole ed i suoi castelli non facevano più notizia e “caddero nel dimenticatoio”.
Una suggestiva immagine di come fossero i castelli, i borghi e le chiese del nostro pezzo di Chianti all’ epoca suddetta ce la offre la mappatura di tutto il Granducato di Toscana. voluta da Cosimo, e nota come “ Le Carte dei Capitani di parte guelfa”. Sono molto particolareggiate e se si vuole, fedeli alla immagine reale, tali dar rendere al banchiere pignolo quale era Cosimo dei Medici una idea precisa dell’affare che aveva fatto, sovvenzionando le truppe dj Carlo V°.
Di altra tempra era il Granduca Leopoldo di Lorena, nuovo padrone della Toscana che, da buon tedesco volle visitare tutti i suoi possessi. Nel 1773 arrivò anche a Gaiole, che giudicò “poca cosa”. Di buono aveva solo la Gabella ed una Fiera di Maiali, tenutasi ogni anno alla Vigilia di Natale, e nota in tutta la Toscana.
Il 23/5/1774 scioglierà la Lega del Chianti e ed assegnerà alle tre comunità un territorio delimitato ed un Regolamento Comunale che sostituiva gli Statuti della gloriosa Lega del Chianti. Ai comuni suddetti non assegnò la distinzione: “in Chianti” poiché sognava una Provincia Chianti molto più ampia. I tre comuni dovranno richiedere la qualifica al futuro Stato Italiano.
Il Granducato dei Lorena, cesserà con la nascita del Regno dei Savoia, esclusa una breve parentesi di 13 aqnni (800-813) nella quale fece la sua comparsa in Toscana Napoleone Buonaparte, la cui amministrazione fece a Gaiole importanti cambiamenti. Ammodernò l’amministrazione comunale creando lo Stato civile che prima tenevano le Parrocchie. Divise la Toscana in Dipartimenti secondo i bacini dei fiumi, facendoci in grande torto di inserire Gaiole in quello dell’Ombrone, che aveva come capitale la “nemica” Siena. E, per non smentire la Sua fama di “grande ladrone”, abolì i Monasteri italiani, impossessandosi dei loro patrimoni. Quello di Coltibuono era troppo ricco per trovare un singolo compratore ed allora lo inserì come 1° premio in una Lotteria nazionale. Ciò, però, dopo averlo depredato di tutti i beni mobili in esso custoditi sia sacri che profani, compresi gli archivi. Meno male, non si sa per quale miracolo, si salvarono le pergamene del Regesto di Coltibuono, altrimenti buona parte della Storia del Chianti gaiolese, non sarebbe stata scritta.
Ho potuto completare questa mia lunga ricerca su Gaiole, attingendo ai preziosi Libri di Antonio Casabianca- di Giovanni Righi Parenti- di Silvio Pieri- di Nancy du Grummond- del Dizionario Storico della Toscana del Repetti- e dei numerosi Quaderni dei due Centri Studi Chiantigiani e di quello della Biblioteca Comunale di Gaiole. Come è mio costume, sono anche ricorso ad ipotesi, più o meno azzardate, frutto della mia esperienza e dei miei ricordi. Spero di non aver esagerato.
Forse, col tempo, dovrà essere rivista, aggiornata, corretta ma, ripeto, non subito. Per ora la mia sete di conoscenza si è placata e sono soddisfatto. ( o, dopo 20 pagine, mi è venuta a noia !!)
Alfonso Sderci
Ricerca storica n. 7
GAIOLE in CHIANTI
“ FIGLIO DEL MERCATO “
Indice argomenti
Territorio
Popolazione
La lingua- Nascita del paese
L’origine del nome Gaiole
Sviluppo del borgo.
Chiese ed edifici pubblici
I primi 5oo anni
Un confine infuocato-Conclusioni
NB- A pag. 20, cenno su fonti bibliografiche
© 2010 chiantistorico.com
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Last change: 22. 03. 2010